Paolo Bardelli Awards 2023

Top-25 Albums 2023

1. RVG, “Brain Worms”

La folgorazione è avvenuta a giugno, quando è uscito questo piccolo album che è fuori dai giochi e quindi per questo pare essere proprio dentro agli stessi: degli australiani che però registrano a Londra e fanno un genere indefinito di rock indipendente che potrebbe essere Paisley Underground ma anche semplice indie-rock fatto da vent’anni a questa parte. Mi ha colpito l’essenzialità di suono, alla Smiths tanto per intenderci, e quella voce incredibile nella timbrica di Romy Vager che ha qualcosa da dire. E nel 2023 non è poco avere dei contenuti e della voglia di trasmetterli. E di essere finanche originali in una sorta di classicità-rock, se così si può dire.

2. THE WAEVE, “The WAEVE”

Un connubio artistico e di vita tra due musicisti eccelsi, il nome altisonante è Graham Coxon ma finisce che è più lei che detta il ritmo, Rose Elinor Dougall, ex Pipettes con una carriera da (ri)scorprire suggellata da questo progetto che guarda ai Portishead ma con più amalgama pop: new-wave, sassofoni, brit-pop, sogno, eleganza, nostalgia, rimpianto, post punk e chi più ne ha più ne metta. Pur se uscito all’inizio del 2023 ha continuato a far capolino nei miei ascolti anche se, è da dire, è decisamente un album più invernale.

3. THE NATIONAL, “Laugh Track”

Secondo album dell’anno per i National, arrivato a sorpresa, è riuscito nella difficile impresa di superare il precedente “First Two Pages of Frankenstein”, che era già di per sé un gran di ritorno. Ma lo avanza in maniera diversa: se quello era un’uscita dalla depressione, timida, misurata, qui c’è lo sbocciare della primavera, della voglia di vivere e di suonare insieme. Insomma, di divertirsi. Vediamoli quindi come due facce della stessa medaglia, questi due album dei National del 2023, “una combo” – come si dice oggigiorno – che ci ricordereremo per un bel pezzo, anche se mi pare che non sia stata capita a livello mediatico.

4. PJ HARVEY, “I Inside the Old Year Dying”

Una PJ dimessa che fa musica quasi “da eremita”, con strumenti basici, semplici, frugali. Una specie di messa laica che celebra la difficoltà della vita di mezza età, di quando non hai (più) molti obiettivi ma qualcuno in tasca ti è rimasto, tu sei stato troppo scottato dalle vicende dell’esistenza da non avere il coraggio di tirarlo fuori, ma lo custodisci ancora gelosamente dentro di te. Un disco da grande poetessa.

5. THE NATIONAL, “First Two Pages of Frankenstein” 

Con questo ritorno in punta di piedi la band newyorkese d’adozione è come se avesse voluto dirci: “Noi ci siamo ancora”. Non era semplice riprendere il filo del discorso con i propri fan, i National fanno un genere a sé con uno stile tanto riconoscibile quanto simile a se stesso, per cui ormai diverse sfumature erano già state visitate durante la loro carriera che dura da più di 20 anni. Ma quello che conta, lo si comprende ancora di più questa volta, è la qualità delle canzoni.

6. IBISCO, “Languore”

L’anno scorso avevo fatto una categoria a parte degli album italiani, come a dire che la qualità non poteva competere con quelli internazionali (a dire il vero ascolto molta poca roba italiana, per cui è un mio problema), e guarda caso aveva vinto sempre Ibisco con il suo primo “Dark Emilia”. Cosa ci volete fare, Ibisco è in grado di tenere insieme un linguaggio contemporaneo con la storia del nostra musica migliore, e per me questo è fantastico. Speriamo se ne accorgano in molti.

7. RAHILL, “Flowers At Your Feet”

L’ha aiutata subito Beck con un featuring (su “Fables”) ma sulla lunga distanza dell’album la cantautrice iraniano-americana ha dimostrato di non avere bisogno di nessuno: musica frizzante, solare, un po’ derivata da certo trip-hop degli anni ’90 ma con un scatto in più. Peccato che il Guerra abbia definito “deludente” la sua esibizione al Le Guess Who, perché un’artista così è normale che debba farsi conoscere (anche) attraverso i live. La aspettiamo in ogni caso in Italia, a me piacerebbe vedere la resa dal vivo di questo bell’album che passa via come una bibita ghiacciata e dissetante. I believe in Rahill.

8. APRIL MARCH, “April March Meets Staplin”

In questo 2023 ho passato diverso tempo a visitare, in lungo e in largo, la lunga discografia di April March, quella di “Chick Habit”, canzone dei titoli di coda in “Death Proof” di Quentin Tarantino, per poi finire a innamorarmi di questo suo ultimo album con gli Staplin, un duo francese sconosciuto che evidentemente ha dei numeri. Un dream-pop che ha l’urgenza di certo garage-rock e la classe del folk europeo/inglese, che l’americana padroneggia come chi non ha fatto altro nella vita. Ma si sa che la March ha praticamente il passaporto francese, per cui ça va sans dire.

9. DEATH AND VANILLA, “Flicker”

Per certi versi vicino all’album di April March, il sesto album del trio di Malmö diversifica la classica dimensione psichedelica a un livello cerebrale spinto ma all’interno di un certo pop, con un attributo fondamentale: la delicatezza. Non c’è un momento in cui i Death and Vanilla non suonino delicati, inteso come attributo di eleganza. Sarebbe un peccato che “Flicker” fosse archiviato in fretta, ritiratelo fuori.

10. OLIVIA RODRIGO, “Guts” 

Facile motivare questa scelta: Olivia Rodrigo incarna l’entusiasmo della sua generazione senza dimenticare gli insegnamenti del passato. Una mia amica l’ha definita una “Avril Lavigne senza skate” e forse non ci è andata così lontana, la Rodrigo aveva tanto da farsi dimenticare (la prima carriera come star di serie tv adolescenziali stile Disney Channel) e per questo ha lavorato sodo, è andata a confrontarsi con mostri del rock come Jack White e ha sfornato questo concentrato di rock immediato, orecchiabile, facile e veloce. Come la gioventù.


11. TREES SPEAK, “Mind Maze” | 12. SEBASTIAN REYNOLDS, “Canary” | 13. YVES TUMOR, “Praise a Lord Who Chews but Which Does Not Consume; (Or Simply, Hot Between Worlds)” | 14. BLONDE REDHEAD, “Sit Down For Dinner” | 15. GRIAN CHATTEN, “Chaos For The Fly” | 16. BLUR, “The Ballad Of Darren” | 17. CAROLINE ROSE, “The Art of Forgetting” | 18. BOYGENIUS, “The Record” | 19. LIL YACHTY, “Let’s Start Here” | 20. LADYTRON, “Time’s Arrow” | 21. BELLE AND SEBASTIAN, “Late Developers” | 22. DANZ CM, “Berlin Tokyo Shopping Mall Elevator” | 23. DEVENDRA BANHART, “Flying Wig” | 24. THE DELAY IN THE UNIVERSAL LOOP, “Ipernanne” | 25. QUEENS OF THE STONE AGE, “In Times New Roman…”

Best Songs 2023

1. “Smoke Detector”, THE NATIONAL

Una lunga cavalcata libera come una giornata speciale passata a improvvisare in preda a un delirio creativo.

2. “I Inside the Old Year Dying”, PJ HARVEY

1 minuto e 52 e tutti a casa.

3. “When We Were Very Young”, BELLE AND SEBASTIAN

Le sanno ancora scrivere, le canzoni dolcemente nostalgiche, i Belle and Sebastian.

4. “Ballad Of A Homeschooled Girl”, OLIVIA RODRIGO

5. “Baby Snakes”, DEATH AND VANILLA

6. “Barbaric”, BLUR

7. “Futbol”, RAHILL

8. “A Child’s Question, August”, PJ HARVEY

9. “Standing Still”, THE WAEVE

10. “Everywhere I Go I Bring The Rain”, CAROLINE ROSE

Altre (belle) canzoni:

“Not For Me”, BLONDE REDHEAD | “Sospetto”, TREES SPEAK | “Drowning”, THE WAEVE | “Deep End (Paul’s in Pieces)”, THE NATIONAL | “Dead To The World”, NOEL GALLAGHER’S HIGH FLYING BIRDS | “Dreaming”, THE NATIONAL | “Honey (Are U Coming?), MANESKIN | “Snowman”, BLONDE READHEAD | “Syndrome”, TREES SPEAK | “Manos Limpias (Cuentas Claras)”, FELIPE ORJUELA | “Les Fleurs Invisibles”, APRIL MARCH, STAPLIN | “Brown Eyes”, PACKS | “Gamma Rays”, TEMPLES | “Negative Space”, QUEENS OF THE STONE AGE | “How To Move Forward”, SEBASTIAN REYNOLDS | “Doomscrollers”, QUASI | “Love Is”, MEGA BOG | “DNA”, SOPHIE AND THE GIANTS | “The Doldrums”, CAROLINE ROSE | “Not Strong Enough”, BOYGENIUS | “Mancini Morricone”, DANZ CM | “Paper Machete”, QUEENS OF THE STONE AGE | “In Verona”, LEAL NEALE | “Baggio”, MILES KANE | “Fables”, RAHILL feat. BECK | “More”, PALE BLUE EYES | “Love is Embarassing”, OLIVIA RODRIGO | “Breathe”, ERIN K | “Natural”, JACKIE MENDOZA | “The Neighbor”, GNOOMES | “pakay”, SYD HARTHA | “Apparition”, DAVID EUGENE EDWARDS

Live 2023

CALEXICO c/o Barezzi (Teatro Valli, Reggio Emilia) – 24 ottobre 2023

Avevo sentito che i Calexico erano da vedere dal vivo, ma sono molto di più, sono una di quelle band che – tutte le volte che passano dall’Italia – è un vero e proprio peccato enorme perdersi. Quindi siete avvisati.

(Live report)

Carrello dei bolliti 2023

I veri bolliti dell’anno sono i Sigur Ròs che hanno fatto uscire un album terribile che ha l’aggravante di arrivare a 10 anni dal penultimo (quindi di tempo ne hanno avuto), ma anche un genere nel complesso lo trovo sfinito, ed è quello che fino a un po’ di tempo fa veniva definito post-punk: basta, non se ne può più, è una roba che non si può più sentire e anche i relativi protagonisti prendono le distanze se è vero che Grian Chatten va per altri lidi e gli Squid cercano di mischiare un po’ le acque. Non si possono invece definire tecnicamente “bolliti” ma delusioni sì i Wilco (un album che non fa venire voglia di essere riascoltato) e – ahimé, visto la vittoria nei Kalporz Awards – Sufjan Stevens, che ha scimmiottato se stesso (“Carrie & Lowell”) guadagnandosi – la sparo grossa – non l’ammirazione bensì la compassione dei fan.

L’artwork 2023

La copertina di “The Ballad Of Darren” dei Blur è fotograficamente la mia preferita, ma questa di Lil Yachty (“Let’s Start Here”) è forse la più rappresentativa dell’anno visto che è stata creata con l’A.I., e il risultato è come se fosse Francis Bacon. Perché in futuro l’arte non potrà che confrontarsi con l’Intelligenza Artificiale.

Il video dell’anno

Oltre all’album, per me gli RVG hanno realizzato il video più bello del 2023 con un piano-sequenza, che fa sempre molto “cinema che conta”, in una festa svogliata, arrabbiata e piangente, con un finale in cui viene inquadrato un quadro inquietante scolorito: come direbbe Maccio Capatonda, una vita al 40%.

(Paolo Bardelli)

Collegamenti su Kalporz:

Paolo Bardelli Awards 2022
Paolo Bardelli Awards 2021
Paolo Bardelli Awards 2020
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Paolo Bardelli Awards 2005