PAZI MINE, “Pazi Mine” (Super Fake Recordings/A Buzz Supreme, 2010)

“La Bassa è uno stato dell’animo”, mi piace ripetere a volte. La Bassa padana avrà anche un suo fascino, non dubito, ma dopo lungo tempo sono riuscito a trovarlo solo a metà: il fascino del Grande Fiume sì, ma per il resto la sterminata campagna non fa che acuire il senso dello sperdersi.
Sa dunque strano un progetto nato in quei luoghi, tra Ferrara e Mantova, che sia invece positivamente concreto, definito, che non senta l’influsso di alcuna nebbia (dell’anima).
I Pazi Mine escono con il loro primo disco, un’autoproduzione supportata da Super Fake recordings e da A Buzz Supreme, nell’ottobre 2010, e ci fanno pensare che il loro rock potente ed intricato vago parente dei Queens Of The Stone Age (o, meglio, Fugazi) sia un lottare continuo con quel piattume territoriale dove si fa fatica a scorgere un monte in lontananza.
La voce di Sara Ardizzoni dovrebbe essere il collante di tutto ma in realtà sono le stesse canzoni a fondersi in un tutt’uno, tra le deviazioni matematiche e progressioni invadenti della scena hardcore americana dei primi anni ’80 (in “Witness Of A Recurring Dream”) e le semi-ballate oscure alla Smashing Pumpkins (“Here”). Colpisce il profilo personale di chi sa accelerare e poi fermarsi un poco in contemplazione, ma che comunque cerca sempre di pensare in grande. Una magniloquenza mai fine a se stessa che dà il meglio di sé quando le chitarre lasciano qualche momento di respiro (“Dissect”, molto debitrice dei primi Blonde Redhead) perché per il resto bisogna sapere di immergersi in una continua cavalcata spalleggiata da batterie mai dome, sempre in cerca di nuove aperture che si scontrano prepotentemente con arpeggi in semitoni e sgranate di riff liberatori (“Square The Circles”).
Che poi si è parlato di riferimenti passati per i Pazi Mine, mentre in realtà basterebbe citare un nome attuale oltreoceano che è loro molto vicino, le losangeline Warpaint di Emily Kokal, per collocarle in una scena di oggi, assieme agli Appaloosa (e ai bolognesi Alix), che non esiste in Italia ma che ci piacerebbe sgomitasse sempre più.
Il disco è stato registrato nel giugno 2010 al Blocco A di Padova sotto la supervisione di Giovanni Ferliga (Aucan), e masterizzato allo studio “la Maestà” da Giulio Favero (One Dimensional Man, Teatro degli Orrori, Zu, Putiferio) e Giovanni Versari, e vede collaborazioni musicali con gli stessi “curatori”: Giovanni Ferliga alle chitarre, Giulio Favero ai cori, così come sempre ai cori Gionata Mirai (Super Elastic Bubble Plastic, Teatro degli Orrori).
Continueremo a far fatica a trovarle un senso, ma la Bassa alle volte riesce ugualmente a far elevare, almeno di un poco, l’anima.

(Paolo Bardelli)

Collegamenti su Kalporz:
Warpaint, tre losangeline ipnotiche e lunari (25.01.2010)

Appaloosa – Savana
Appaloosa – Non posso stare senza di te
Appaloosa – Appaloosa
Alix – – Good 1
Queens Of The Stone Age – Era Vulgaris
Queens Of The Stone Age– Lullabies to Paralyze
Queens Of The Stone Age– Songs For The Deaf
Queens Of The Stone Age– Rated-R
Fugazi – Argument
Smashing Pumpkins – American Gothic
Smashing Pumpkins – Zeitgeist
Smashing Pumpkins – Concerto al Columbiahalle (Berlino)
Smashing Pumpkins – Earphoria
Smashing Pumpkins – Greatest Hits
Smashing Pumpkins – Siamese Dream

09 ottobre 2010

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