STEPHEN MALKMUS, Pig Lib (Domino/Matador, 2003)

Per essere chiari fin subito “Pig Lib” non è all’altezza di uno qualunque dei dischi pubblicati dai Pavement. Resta in ogni caso un buon lavoro, più spigoloso ed elaborato rispetto all’esordio solista di Malkmus, anche se si avverte chiara la sensazione che qualcosa si sia perso per sempre con lo scioglimento del gruppo di Stockton.

Premesso tutto questo, “Pig Lib” è abbastanza avventuroso e sghembo da renderci felici. Conserva stranamente il momento migliore per il finale, “Us”, che ha l’atmosfera costruita da chitarre morbide e sognanti vicina ai brani dei primi Yo La Tengo. Sparge qua e là i consueti momenti pop pressoché irresistibili, che in questo caso sono la dolcissima “Vanessa from Queens”, un gioiello di canzone come “Craw Song”, “Animal Midnight” e “Ramp of Death”, tutte impreziosite dal suono caldo di un organo anni sessanta.

Né mancano i brani più ruvidi, pieni zeppi di scatti improvvisi. Sono momenti carichi di ironia, come “(Do Not Feed The) Oyster” e la sua melodia stravagante, o di scoppi nervosi, come “Sheets”, in cui le chitarre graffiano come agli esordi. Le sorprese vengono dalla voglia dilatare certi suoni e di allontanarsi dalle coordinate care a Malkmus.

L’attacco di “Water and a Seat” ha bisogno di più di un minuto per condurci alla vera e propria canzone e un po’ annoia, ma in altre occasioni la scelta sembra indovinata. “Witch Mountain Bridge” è una ballata nervosa costruita su fascinosi arpeggi di chitarra, il bellissimo finale “Us” sembra tracciare la strada da seguire nel futuro. E poi “1% of One”, che prosegue sulle stesse atmosfere e arriva a più di nuove minuti, tra chitarre acide che si inseguono.

Resta un solo vero momento da dimenticare, “Dark Wave”, e la conferma amara che i Jicks non sono i Pavement e non riescono a ricreare la stessa magia. Ma “Pig Lib” resta un disco onesto e riuscito, Stephen Malkmus uno su cui contare.

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