[LoSpazioBianco] Maledetta Italia: uno sguardo sulla provincia da 5 fumettisti

Da sempre cinema, letteratura, teatro si sono fatti carico di puntare l’attenzione su alcuni aspetti della società a loro contemporanea, in maniera letterale o metaforica. Oggi, in Italia, uno dei mezzi che riesce con maggior tempismo ed efficacia a mettere a nudo l’attualità e le prospettive future è senza dubbio il fumetto.

Questo avviene grazie a più di una generazione di autori cresciuti attraverso l’autoproduzione che hanno portato avanti la propria poetica e la propria personalità senza snaturarsi anche in seno all’editoria professionistica. Autori che, soprattutto, sono cresciuti nelle periferie italiane, in quei punti di confine spesso abbandonati dalla politica, dalle mode, dalla storia. Dalla loro esperienza diretta nascono fumetti che sanno essere autobiografici senza dimenticare di allargare lo sguardo per parlare di concetti più ampi e universali, o nei quali, se il protagonista non è direttamente l’autore, lo sono i luoghi, le persone, le vite conosciute direttamente e vissute sulla sua stessa  pelle.

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“Malibu” di 

A conferma di questo si possono ravvisare gli elementi sopracitati in una serie di fumetti usciti tra il 2019 e il 2020 attraverso i quali possiamo cercare una visione d’insieme sulla realtà italiana, nonostante raccontino luoghi anche molto distanti tra loro. Ecco quindi che possiamo partire in un viaggio attraverso lo stivale da Eliana Albertini e il suo Malibu, ambientato nelle terre del delta del Po; consiglio poi di spostarci sempre sul mare ma dalla parte opposta del centro Italia, e più precisamente a Genova, con Non mi posso lamentare di Paolo Cattaneo con Italo ci fa salire fino a Milano per poi scendere giù giù fino a Crotone; infine il viaggio ci lascia, un po’ disorientati forse, nell’indefinito sud de Gli sprecati di Michelangelo Setola.

Tra le pagine di questi fumetti rivive la periferia d’Italia, riconoscibile da nord a sud da alcune caratteristiche comuni ben percepibili al di là delle differenze di clima, dialetti e abitudini. Queste periferie sono luoghi che nel tempo si sono trasformati in non luoghi, accomunate da una palpabile desolazione: desolazione di prospettive, di sogni, di opportunità; desolazione culturale, sentimentale, di empatia verso gli altri.

Tra caseggiati, strade statali, bar popolati di anziani giocatori di carte, supermercati, parchi pubblici in stato di semi abbandono vive un’umanità che non è certo propriamente cattiva, ma che sembra fusa indissolubilmente con il territorio in cui è nata e che vive e soffre sulla propria pelle una situazione che la disumanizza sistematicamente: dalla scuola, insufficiente a creare apertura mentale nelle nuove generazione; al lavoro, che è spesso mal pagato, usurante, ingrato se non assassino; alla giustizia, che non sembra più appannaggio di uno stato e di una legge equa ma lasciata al caso o ai singoli.
Un vuoto sentimentale, un vuoto formativo, un vuoto di realizzazione che accomuna le generazioni, dai figli ai genitori. Una mancanza di valori che vadano oltre all’edonismo, alla ricerca di visibilità fine a sé stessa.

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“Italo” di Vincenzo Filosa

Seppure possa sembrare meno attinente, anche tra le pagine de La mia adolescenza trans o tra le vignette online di Fumettibrutti, alias Josephine Yole Signorelli, troviamo testimonianza diretta di questo disagio, disseminato nei personaggi ritratti, ragazzi e ragazze che oltre alla loro ricerca spasmodica di affetti e il desiderio di essere compresi mostrano grandi difficoltà di amare e di accettare il prossimo.

Una situazione figlia anche certamente di una costante precarietà ormai radicata nella società: dal lavoro, che, quando c’è, spesso abbrutisce l’individuo anziché nobilitarlo o richiede sacrifici che non saranno ripagati, alla politica, vuota di concetti e di attenzione verso le persone, fino ai problemi globali e quindi ancora più difficili da comprendere come il clima, le tensioni tra stati, gli attentati.
Una precarietà che probabilmente questi stessi autori di fumetti si trovano a vivere professionalmente, e che riescono a usare come un metro per misurare non solo la propria condizione ma anche quella di tante persone e di più generazioni, da quelle dei padri a quelle dei figli che si affacciano ora alla vita adulta.

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“Non mi posso lamentare” di Paolo Cattaneo

In tutte queste opere sembra di percepire una asfissiante e disperata mancanza di prospettive. Il presente è talmente ingombrante e pesante da non permettere un pensiero che vada oltre il momento, e diventa un presente assoluto, impossibile da cambiare, da scalfire, un presente che ha divorato il futuro e che non lascia nemmeno spazio per ricordare il passato.

Tale situazione di tensione, di delusione e di sconforto sembra trovare riscontro nello stile dei racconti e dei disegni.

Le storie scorrono quasi per inerzia, senza particolari picchi emotivi, senza punti di svolta, senza quella divisione in introduzione/svolgimento/conclusione che identifica il canone dello sviluppo di un racconto. Spesso piuttosto questi autori preferiscono partire da un momento quasi causale della vita dei personaggi e terminare l’opera senza aver dato una vera soluzione alle questioni disseminate lungo le pagine. In questo modo, gli autori cercano -con successo- di replicare su carta quella che è l’andamento delle nostre vite, che non possono essere semplicemente sezionate e divise in tante micro-storie.

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“Gli sprecati” di Michelangelo Setola

E possiamo vedere anche nello stile artistico una certa contiguità, un gusto comune declinato secondo le singole sensibilità e inclinazioni.

I disegni puntano su un segno molto immediato, fluido e semplice come primo impatto, a volte volutamente abbozzato, altre più ricercato e ricco. Non tendono al realismo e non si curano di una prospettiva non perfetta o di qualche imprecisione, del segno a matita di troppo che resta in stampa e che anzi diventa marchio di concretezza e condivisione diretta del processo creativo con il lettore; questi autori puntano molto sulle potenzialità del disegno caricaturale per imprimere i personaggi di carattere, a volte fin quasi a rappresentare esternamente il disagio o l’infamia che portano dentro. Un disegno che non insegue il bello, il perfetto, la precisione ma usa la matita, la china, le forme, le inquadrature per fissare determinate sensazioni sulla carta e fondere in un unico insieme l’atmosfera, la storia e il suo aspetto visivo.

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“La mia adolescenza trans” di Fumettibrutti

In un mondo complesso, nel quale siamo sottoposti a una quantità di informazioni sempre più ampia e difficile da interpretare, ci sono due modi estremi di reagire: cedere al pensiero dogmatico che divide il mondo in bianco e nero, o accettare l’impossibilità di riuscire a comprendere tutto e affidarsi a fonti di informazione credibili, conoscenze indirette, alla nostra bolla social(e) per cercare di avere una mente aperta e flessibile.

Le opere di cui abbiamo parlato in questo articolo sono lì a ricordarci che il fumetto è un mezzo che può dimostrarsi fondamentale per cogliere aspetti determinanti di quell’ affresco, molto più ampio di quanto pensiamo, che è la società in cui viviamo.

Un viaggio che non si esaurisce con i titoli menzionati qui sopra, ma che suggerisce di prestare attenzione a quanto il fumetto italiano contemporaneo ha da offrire.

(Ettore Gabrielli)

Lo Spazio Bianco è una rivista online, amatoriale e indipendente, dedicata a informazione, critica e divulgazione del fumetto, attiva dal 2002. Le ragioni della collaborazione tra Kalporz e Lo Spazio Bianco puoi leggerle qui