[#tbt] Il sopravvissuto, Hendrix, Verdone e quell’inno nazionale distorto a Woodstock

In “Occhi bianchi sul pianeta Terra” (“The Omega Man”), film fantascientifico post-apocalittico del 1971 diretto da Boris Segal, il personaggio interpretato da Charlton Heston, Robert Neville, un ex medico militare unico sopravvissuto a un olocausto batteriologico globale, si aggira in una Los Angeles disabitata e spettrale nel tentativo di sopravvivere. In una delle scene più emozionanti del film, che nel periodo che stiamo vivendo potrebbe risultarci profetico più che fantascientifico, il Mosé de “I Dieci Comandamenti” trova rifugio in un cinema abbandonato in cui, assistendo alla proiezione del documentario “Woodstock”, ritrova la fede e la speranza nel genere umano.

È capitato a tutt* di emozionarsi come Neville di fronte alle immagini di Woodstock che, a cinquantuno anni di distanza, continuano a trasmettere un senso di libertà totale. Nonostante lo spirito edenico di Woodstock sembri destinato a perpetuarsi sottoforma di ricordo di un tempo lontano e irripetibile (ne danno prova le sfortunate edizioni-anniversario del 1994 e del 1999, per non parlare della mancata edizione di celebrazione del cinquantenario nel 2019, che è stata annullata per mancanza di fondi), quei quattro giorni di concerti e follie nella fattoria di Max Yasgur sono rimasti scolpiti nella memoria collettiva di intere generazioni.

Woodstock è stato il regno dell’imprevisto e della spontaneità, in cui furono consacrati gli outsiders come Richie Havens, che restò sul palco a improvvisare per via dei ritardi dei gruppi successivi, e Carlos Santana che, interpretando dal vivo il suo primo omonimo album, vide la sua chitarra trasformarsi in un serpente per effetto del LSD; memorabile anche la trance collettiva generata da Sly & The Family Stone. Al contrario le grandi stelle più attese (Janis Joplin, Joen Baez e The Who su tutti) delusero profondamente le aspettative. L’eccezione ha un nome e quel nome è Jimi Hendrix.

Hendrix, tornato negli ultimi giorni a far parlare di sé per via della pubblicazione da parte della Experience Hendrix/Legacy dell’album “Live in Maui”, registrazione del concerto svoltosi alle Hawaii nell’estate del 1970, è rimasto nella storia di Woodstock per via della performance incendiaria che regalò ai trentamila “sopravvissuti” del terzo giorno, lunedì 18 agosto 1969, in chiusura del Festival. Accompagnato dai The Gypsy Sun and Rainbows, Hendrix si esibì per 140 minuti dando vita a un caotico spettacolo di fusioni blues, R&B, psichedelia, hard-rock e flamenco elettrico. Il culmine del concerto fu l’esecuzione destabilizzante di “Star Spangled Banner”, versione elettrificata dell’inno nazionale statunitense in cui il motivo dell’inno venne distorto, attraverso gli effetti, i feedback e i potenti colpi alle corde della chitarra, fino a evocare i bombardamenti e i raid perpetuati dall’esercito statunitense in Vietnam. In pochi minuti Hendrix trasformò il proprio corpo nel simbolo vivente della protesta pacifista e del trionfo della pace e dell’amore universale attraverso la musica. E chissà quanti altri momenti del genere Hendrix avrebbe potuto regalarci se non fosse scomparso un anno dopo al Samarkand Hotel di Londra, a soli 27 anni.

La morte di Hendrix, tutt’oggi avvolta dal mistero, ci riporta in mente Carlo Verdone e il suo film “Maledetto il giorno che t’ho incontrato”. In questa pellicola del 1992, l’attore e regista romano, che ha da pochi giorni compiuto settant’anni, interpreta Bernardo, un giornalista musicale che, decidendo di dare una svolta alla propria vita, parte in Inghilterra accompagnato dall’eccentrica e complessata amica Camilla (interpretata da un’irresistibile Margherita Buy), nel tentativo di far luce sulla morte di Hendrix e realizzare il sogno di scrivere la biografia del chitarrista di Seattle. Il film, e in particolare le spettacolari scene girate in Cornovaglia, godono del privilegio unico al mondo di poter contare nella colonna sonora ben sei brani di Hendrix, i cui diritti di utilizzo furono ottenuti in un momento particolarmente favorevole. Verdone ha dedicato nel corso della sua carriera diversi tributi a Jimi Hendrix, ammettendo quanto il chitarrista statunitense gli abbia cambiato la vita e lo abbia reso felice. Come dargli torto?

(Emmanuel Di Tommaso)

Immagine in evidenza: X/DR (Warner Music).