MOUSE ON MARS, Idiology (Zomba Records, 2001)

Dalla scuola elettronica tedesca è lecito aspettarsi di tutto. E’ matura e solida abbastanza da potersi permettere progetti per lo meno originali. Bislacchi persino. Improbabili… I Mouse On Mars sono tutte queste cose insieme. Originali, bislacchi, improbabili, solidi. Come la loro ultima fatica. Nel complesso, “Idiology” è una tortura, costringe a ammaestrare un tale parco di stimoli… Che è sì uno sforzo con premio, ma si fa fatica. La regola è partire con loro, ma non subito. Dal terzo ascolto in avanti può andar bene.
L’inizio è lungimirante e bellissimo. Una lezione di musica elettronica a nome “Actionist Respoke”. Anche se come primo impatto non c’è male. Perché il pezzo è difficile, e perché non somiglia a nessuna altro qua dentro. Strumentale, per lo più, ma il testo dà un indicazione. Una prima guida ai testi del disco. Le tracce cantate di “Idiology” saranno elucubrazioni profonde. Non mi spingerei fino al “filosofico”, ma siamo nel genere. Diciamo, abbastanza profonde e vaghe da essere filosofiche, ma non così evocative da essere mistiche. Nemmeno nella versione povera dell’ambient. L’altra traccia cantata è “Presence”. Più abbordabile, più solare, piacevole. Diversa, ma questa è la norma. Su undici tracce, si fa fatica a appaiarne due. Ognuna per conto sua, tutte a modo loro estreme. “Subsequence”, per dire, è normale. Ordinaria, ben fatta e non spiazzante. Che nell’ecosistema di “Idiology” è già questa una particolarità. “First: Break” invece è la definizione di estremo dai Mouse On Mars. Con un conto di bpm da rave party, incomprensibile e inaccettabile. Saltate poi da questa a “Fantastic Analysis”, pezzo strumentale alle soglie della new age. Suonato, melodico, a chiudere un album davvero indefinibile. Capace di pendolare dagli abissi più neri a picchi solari. Dallo strumentale classico a quello estremo, dal cantato classico a “Unity Concept”. Il testo di “Unity Concept” lo trovate stampato sul porta-cd. In ‘terza copertina’, sotto il cd insomma. E lo potete ascoltare, recitato senza base o quasi dal signor Dodo Nkishi. L’effetto è stordente, e al primo ascolto pure un po’ fastidioso. Ma è il terzo ascolto quello buono, s’era detto…

Alla fine, tanto disordine diventa varietà. Lo stile cangiante ma sicuro rende “Idiology” un’esperienza musicale gratificante. Mai e poi mai potrà essere il primo album di elettronica, né il primo album di qualsiasi cosa. Né un easy listening, né un disco per chi va di fretta. Il disco c’è, però. Da avere, se vi sentite pronti al corpo a corpo.

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