NELLY, Country Grammar (Universal, 2000)

Un album piacevole da mangiaclassifiche. In America è stato primo per qualche tempo, ora bazzica il terzo-quinto posto. Ma anche per chi non è molto affezionato alla musica rap da Nelly arriva una buona notizia. Con questo “Country Grammar” ha liberato il primo posto delle charts americane da Britney Spears. Quindi segnatevi il nome, e ascoltate il singolo. Sarà un bell’ascoltare, e un dovere morale e un impegno preciso…

A chi invece piace il rap, o è incuriosito o magari se ne dà una passata ogni tanto, sappia che è la solita storia. Solito album di “money money”, nigga e balle varie, però con il dono di produzioni fuori dal solito. La musica insomma, originale e raffinata. Venata di R&B, che a voler dar retta a Nelly si tratterebbe solo dell’anima di St. Louis. Per capirci, ha un che di Gang Starr, con il blues al posto del jazz. Il blues… Abbiam visto come l’hip hop abbia piantato paletti un po’ ovunque, nella black music. Il funky, il reggae, e poi la tradizione colta di jazz e compagnia. Il blues invece se ne stava ai margini, prima di Notorius BIG. Doveva stare ai margini, perché diventava troppo facile confondere il rap e l’R&B, inserendo il blues. Dico l’R&B moderno, succhiato dentro l’hip hop. Allora anche talenti come Guru e Premier hanno preso il jazz e l’hanno passato per l’hip hop, un lavoraccio. Noi in Italia abbiamo uno solo che continua su questa strada. Dj Gruff, dal talento smisurato e irrequieto, capace di distinguere le tre carriere di produttore, mc e dj. Mica facile, un virtuoso dei piatti capace anche di fare dell’altra musica, adatta a essere rappata. Ma stavamo parlando di Nelly, no? Bene, questo ragazzo di St. Louis si è preso le cadenze del blues, e il suo scheletro musicale, e ci ha rappato su. Parlo di scheletro perché l’apparenza del suono è del tutto rap, bella ruvida. Del genere New York, per intenderci, poco d’atmosfera. E la voce da bluesman di Biggie qua non l’hanno mai vista in quel di St. Louis, e meno male. L’abilità di Nelly sta allora nell’aver trovato la strada e averla poi battuta, creandosi il suo stile, l’espressività personale e riconoscibile. Se ci pensate, è raro, di questi tempi. Con tutto che di ‘influenze’, o ‘omaggi’ o chiamateli come volete ce n’è una collezione. Specie Eminem, e vorrei vedere. Il faro del rap moderno è cresciuto anche lui nel midwest, per poi rifugiarsi in California. Dalla California ha preso le produzioni, ma Nelly da Eminem ha imparato la voce. Le tecniche e lo stile da mc. Per dire che la musica, ancora, qua fa la sua bella figura, prospera autonoma e originale. Eppoi, non è che per copiare Eminem ci sia bisogno di copiare anche Dre. Non sarebbe facile, comunque.

Dopo una sviolinata al dottore (a Dr.Dre), sarà il caso di riprendere in mano il cd. Segnalo un paio di tracce, “Country Grammar”, “E.I.” e la sedicesima, “Luven Me”. Onestamente non so che singolo sia stato scelto per la promozione, ma non fa molta differenza. Segnalo i singoli per un ascolto all’impiedi nei megastore di fiducia, o per incursioni piratesche nell’illegalità più disgustosa (Napster, vendutosi di recente alla BMG: fate un salto in Osteria). Queste due tracce rendono bene lo spirito di “Country Grammar”, ma sono allineate a tutte le altre. Manca la traccia portante, la traccia strappavestiti, anche se per averlo issato su su per le classifiche gli americani devono essersi invaghiti di qualche ritornello accattivante. Davvero, non saprei quale scegliere.
Alla fine è un album leggerino, ma piacevole. Un album che non segna un’epoca, ma che è pur sempre il miglior manifesto dell’hip hop alternativo del midwest. E insomma una nuova versione a cui ispirarsi per noi piccoli hip hoppers europei.

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