TRIPOD, Tripod (MoonJune Records, 2003)

Quando si parla di trio, nel rock, ci si riferisce comunemente al triangolo basso, batteria, chitarra, quest’ultima sostituita talvolta, specie in ambito progressive, dalle tastiere. Decisamente più originale e innovativa si presenta invece la formazione statunitense dei TriPod, alla prima uscita discografica sotto l’egida dell’emergente etichetta newyorkese MoonJune, sensibile alla fusione dei generi, dal jazz al prog e ritorno.

Ecco dunque, al vertice del triangolo, ciò che non ti aspetti: sassofoni (alto e tenore), clarinetto e flauto. I fiati di Keith Gurland sanno improvvisare in stile hard-bop, squarciare l’aria in stile quasi free (come nella fulminante “Jerome’s Spotlight” che apre il disco), martellare riff di hard-rock come e meglio di una tradizionale chitarrona, rafforzare la sezione ritmica o costruire un autonomo discorso musicale, assecondati dalla batteria di Steve Romano e dal basso di Clint Bahr, tutti avvalendosi di un pizzico di elettronica che non guasta e rende ancora più inafferrabile questo stile incandescente. La potenza del sax richiama talora i tempi epici di “Saxon” Jackson – targati Van der Graaf Generator – per poi abbandonarli subito, in favore di improvvisazioni prettamente jazzistiche (specialmente “Smoke & Mirrors” e “Fuzz”, improvvisazioni live di studio). Lo stile è solo tangenzialmente accostabile a quello dei King Crimson, perché la musica dei TriPod è meno grandiosa, più calda (merito ovviamente dei fiati) e variegata.
È musica in costante mutamento lungo le quattordici tracce, la prevedibilità non è di casa: una qualità non da poco. Ne ricaveranno belle soddisfazioni sia gli appassionati del rock classico sia gli amanti del jazz: fra esplosioni sonore improvvise alternate a pause meditative (all’interno del medesimo pezzo e fra traccia e traccia, a creare solidi legami), cambi di ritmo continui, assimilazione di stili diversi – “Buzz” è notevolmente jazzistica anche nel canto stile bebop, “World Of Surprise” suona deliziosamente pop-blues-psichedelica alla Cream -, le parti cantate (di Bahr) sempre all’altezza dello strumentale – la tensione dell’ascolto non cala mai, blandita dai lampi di una melodia sofferta e rabbiosamente emergente al di sopra della base ritmica (splendida in questo senso “Fashion”). Musica eretica nel senso migliore del termine.
Il disco è acquistabile su www.moonjune.com

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