MARK EITZEL, The Invisible Man (Matador Records, 2001)

Quando c’è di mezzo Mark Eitzel si finisce in modo inevitabile per parlare di tutte quelle cose che incontriamo nella nostra vita, aspettative non realizzate, piccole o grandi delusioni. Perché lui, Mark Eitzel, prima con gli American Music Club e da qualche tempo in proprio, ha raccolto parecchi complimenti dalla critica, una quantità notevole di grandi canzoni, ma pochi dischi venduti e un seguito di culto.
Eppure ogni disco di Eitzel merita di essere ascoltato per la capacità di scrivere brani intensi e onesti come praticamente nessun altro. In questo poi, intitolato “The Invisible Man”, fa quasi tutto da solo e decide di ricorrere anche all’elettronica. La sorpresa è che le canzoni ne vengono fuori come non ti aspetteresti, oscure e profonde ballate come “The Boy With The Hammer”, “To The Sea” e la memorabile “Steve I Knew You Waned Me”, battuta lenta come per i Portishead, una voce sussurrata e aspra, una melodia seducente. Canzoni amare, come appunto “Bitterness”, perché come canta Eitzel, “L’amarezza avvelena la tua anima” o la struggente “With Out You”. Ma la sorpresa è anche nel constatare che non c’è mai stata una tale abbondanza di canzoni solari, a partire dalla dolcezza di “Can You See?”, fino alla rarefazione di “Sleep” e all’accenno di soul di “Shine”. O alla gioiosa confusione, ma, c’è da scommetterci, piena di ironia amara, di “Proclam Your Joy”. Forse Mark Eitzel rimarrà un artista per pochi, ma è questo che ve lo farà amare ancora di più.

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