[#tbt] Swamp Rats, ’66-67: il garage punk come non l’avete mai sentito

Denny Nicholson, Don Schriner, Paul Shalako, Bob Hocko, Dave Gannon (da sinistra a destra)

Il suono è tutto in una band. Gli americani Swamp Rats l’hanno capito prima di tutti: nati nel 1966 dalla ceneri dei Fantastic Dee Jays (gruppo garage pop di McKeesport), nel giro di due anni (nel biennio ‘66-67) sconvolgono la scena musicale locale di Pittsburgh alzando al massimo il volume dei propri amplificatori, dei Vox Super Beatle, e reinterpretando in chiave quasi proto-punk brani come “Louie Louie” o “Hey Joe”. Per volere del loro manager Terry Lee registrano – purtroppo – solo cover pubblicando una manciata di 45 giri. Hanno, però, un modo tutto loro, selvaggio ed istintivo, di (ri)fare quei classici rock and roll, (garage) rock: producono un suono “fuzzy” e “grungy”. Gli Swamp Rats sono sporchi, distorti per davvero, anche se – a dir la verità – non manca qualche brano più soft e pop come la cover di “Here, There And Everywhere” dei Beatles: “siamo stati una delle prime band più hard rock, così se suonavamo con altre band, loro andavano sul palco e facevano cose più dolci, poi arrivavamo noi con un bel po’ di distorsione e con dei grandi amplificatori Vox Super Beatle […]” ( Bob Hocko, leader del gruppo, nel 2003 – quando è uscito il disco antologico “Disco Still Sucks!” per la Get Hip Recordings). Non è quindi un caso che nel 1993 la loro versione di “Psycho” sia finita nel primo volume della compilation “Back From The Grave Part One (Rockin’ 1966 Punkers!)” della ‎Crypt Records perché gli Swamp Rats punk lo sono stati. Senza saperlo, forse.

(Monica Mazzoli)