JESSICA LEA MAYFIELD, “Sorry is Gone” (ATO Records, 2017)

“Sorry is Gone” è il quarto album in studio per la ventottenne cantautrice dell’Ohio, undici tracce registrate con il producer John Agnello e tante collaborazioni, su tutte quella con Steve Shelley dei Sonic Youth.

Anticipato dall’omonimo singolo di cui vi avevamo già parlato e che era finito in “Questo Spacca!”, il disco è particolarmente vario e connotato da sonorità alle volte ruvide in maniera evidente, e altre volte con una tensione latente in sonorità più folk. Il tutto troneggiato da una voce malinconica e delicata che pare elevarsi come se fosse per certi versi distante dalla realtà.

Più nel dettaglio: alle canzoni che strizzano l’occhio ad una sorta di post-grunge (“Wish You Could See Me Now”, “WTF”, “Soaked Through”, “Burn Me Out”) si contrappongono ballate indiepop come “Meadow” e “Maybe Whatever”, senza disdegnare variazioni come nella fiabesca “Safe 2 Connect 2” (che potrebbe ricordare “Grace Slick” dei Jefferson Airplane).

C’è sottopelle quella sporca malinconia del grunge ed il suo dolore, che emerge nell’uso sapiente delle chitarre. E Jessica in alcune interviste ha dichiarato che molto di questa apatica rabbia l’ha convogliata recentemente in musica, come viatico dal suo fallimentare matrimonio.

Precoce nella carriera, precoce nelle esperienze, “Sorry is Gone” la conferma come una cantautrice solida ma senza poter gridare al miracolo. Il suo miglior disco potrebbe non essere lontano.

67/100

(Francesco Fauci)