JULIAN CASABLANCAS, Phrazes For The Young (Rough Trade, 2009)

Andare a scandagliare le ragioni più nascoste per cui delle signore personalità come Julian Casablancas perdano tempo con progetti solisti come “Phrazes for the Young” sarebbe davvero ineludibile. Però ci vorrebbero sedute psicoanalitiche, e qui purtroppo non ne abbiamo la possibilità. Ci limitiamo ad annotare che ci saranno certamente delle ragioni di vanità ed autocelebrazione, e nonostante questa constatazione è sinceramente poco capibile perché – nel bel pieno di un progetto così importante come gli Strokes – il loro leader ha sottratto loro energie mentali e musicali per buttarsi in questa opera sinceramente evitabile.

Un progetto solista dovrebbe, quantomeno, far emergere una enfasi creativa che non trova spazio nel progetto principale ma aggiungiamo una ulteriore condizione: dev’essere qualcosa per cui valga assolutamente la pena. Altrimenti rischia di rovinare il nome, l’immagine del singolo.

Julian Casablancas non esce di certo rinforzato da questo albumetto in cui si ritrovano sparute canzoni ascoltabili (“Out Of The Blue”, guarda caso molto strokesiana, e “Tourist”) ma che non sposa alcun concetto di musica, non guarda in alcuna direzione di genere, cela invece di svelare.

Su tutto ci sono arrangiamenti che parrebbero usciti fuori da Nik Kershaw (“Left & Right In The Dark”, “11th Dimension”), e ci si chiede perché Julian deve suonare nel 2009 roba che pareva piuttosto kitsch nel 1984, con derive tecniche di assoli improponibili (ascoltarsi quello in “Glass”, i Muse sanno fare le stesse robe molto meglio!) e variazioni casuali in generi che Casablancas non padroneggia (il finto gospel di “4 Chords Of The Apocalypse” è forse uno dei peggiori gospel mai arrangiati, attenzione, il pezzo gira su armonie classiche ma ascoltate bene i suoni che ha usato… orrore!). Colpa anche dei produttori Jason Lader (Rilo Kiley, Maroon 5) e Mike Mogis (Bright Eyes)? Può darsi.

Insomma, se Julian voleva rispondere in parte alla carriera solista del compagno Albert Hammond Jr., che ha fuoriuscito due album piuttosto rispettabili, ha cannato. Meglio che torni con la coda tra le gambe in sala prove con gli Strokes, e che porti in quella sede pezzi come “Out Of The Blue”: suonati dagli Strokes farebbero un figurone.

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