RED WORMS FARM, Cane Gorilla Serpente (Infecta / Goodfellas, 2008)

Dire “indie” in Italia ormai sembra un po’ un insulto. E anche a ragione. Sempre più spesso ci ritroviamo sommersi da una deriva imbarazzante per cui l’indie è privo di energia, ricolmo di suonini carini stupidini simpaticini, programmato al millimetro per avere, se non la sicurezza artistica, almeno quella di una fetta di pubblico che sempre più spesso si fa rappresentare da una maglietta invece che da un suono.

Poi ci sono le eccezioni. Ad esempio i Red Worms Farm (per l’occasione redwormsfarm, ma scrivetelo un po’ come vi pare), che rientrano nella zona a basso rischio paraculaggine e ad alto ritmo serrato. Il loro ultimo disco, “Cane Gorilla Serpente”, è infatti forse l’episodio più fulminante della loro carriera.
Da parte loro hanno la grinta del post-punk, che ha fatto e continua a fare degni proseliti (basti citare le ultime uscite di Altro e Disco Drive), che mette un po’ da parte quel minimo di melodie orecchiabili per puntare sull’ossessione di poche righe di testo ripetute fino alla paranoia. Le due chitarre che sanno tagliare e le ritmiche serratissime di Matteo Di Lucca sono quello che bastano per tirare fuori dal cilindro una delle uscite più degne di questi ultimi tempi nostrani.
Pochissime righe di testo, pronunciate in un inglese spesso da denuncia (unico vero difetto della band), ma che sembrano cori fatti apposta per essere urlati a squarciagola da gruppi di infoiati saltellanti, fra la new wave più corrosiva alla Gang Of Four e quella delirante alla Devo (probabilmente omaggiati nel brano omonimo). Si sprecano i riff che sanno quasi di punk-funk (“Kill My Brother”) e ad un certo punto sbuca pure un sassofono che nella coda di “Forty Two” trasforma il brano in un sorprendente ska-core.

Quelle quattro nozioni di pronuncia inglese di base porterebbero “Cane Gorilla Serpente” su lidi ben più lontani, ma ciò non toglie che si tratta di una delle migliori uscite italiane dell’ultimo anno e qualcosa che, personalmente, non esiterei ugualmente un secondo ad esportare. Gridando fieramente, per una volta tanto, “INDIE!”.

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