THE STRUGGLERS, You Win (Acuarela, 2005)

Cosa succede quando Will Oldham spara fuori bersaglio, come in “The Brave and the Bold”, o si prende una meritata vacanza? Si cerca altrove un altro cantore della melanconia capace di toccare le corde giuste della folk-dolenza che tanto piace a noi ragazzini depressi del secolo XXI. Uscito verso la fine dell’anno scorso e mal pubblicizzato sulle nostrane riviste, “You Win” degli Strugglers (che altro non è che una sigla fittizia dietro cui si cela Randy Bickford… un po’ come dire Smog, Songs:Ohia o Bright Eyes) potrebbe essere il disco giusto al momento giusto. Intendiamoci: slow/sad-core, sfuriate elettriche che rimandano al Neil Young dei primi settanta, voce nasale sgraziata, arrangiamenti più curati di quanto si vorrebbe far intendere. La solita pappa pronta per chi sguazza compiacente nei mari della musica “spaesata” a Stelle e Strisce. Ma questo terzo capitolo dimostra che Bickford ci sa fare. Ha imparato la lezione dei Padri (Johnny Cash, Bob Dylan, anche un po’ di Jackson Browne) e ha atteso l’ispirazione migliore consumando i dischi dei Fratelli Maggiori (Oldham, Molina, Callahan). E potrà infine dirsi soddisfatto di aver pubblicato un disco con tutti i crismi per non passare inosservato, nonostante le istituzioni facciano finta di niente e il mondo sembra aver bisogno di altro. Ma anche se per queste cose ormai ci ho fatto il callo. Questo è l’ennesimo piccolo grande disco che fra qualche anno ci ricorderemo in quattro: io, Bickford, la sua ragazza e il promoter italiano. Qualcun altro che vuole aggiungersi?

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