THE CORAL, The Invisible Invasion (Deltasonic / Sony, 2005)

A chi non è capitato di comprare un disco, di metterlo su e di iniziare ad ascoltare ossessivamente la stessa canzone che, a pelle, la si sente da subito propria? Finisce e subito sei lì compulsivamente a pigiare il tasto repeat o a riavvolgere il nastro. Succede di rado, ma succede. Di solito quella è anche la canzone dell’anno, ovviamente dal punto di vista molto soggettivo di quell’ascoltatore folgorato sulla via di Damasco da quei tre/quattro minuti. L’anno scorso a chi scrive era successo con “Cherry Blossom Girl” degli Air, quest’anno il miracolo (non sarà importante come una Madonna che lacrima a Napoli, però è un avvenimento di tutto rispetto) si è ripetuto con “A Warning To The Curious” dei Coral: una song di una rara bellezza melodica, un cielo scevro di nubi su un panorama fatto di terra battuta e cactus, un rock desertico da usare come colonna sonora di un film mariachi di Rodriguez, chitarre pizzicate e tremolo al massimo con la voce di James Skelly che rincorre Jim Morrison, una malinconia sordida che si stempera in un po’ di sano cinismo (“Un avvertimento a chi è curioso / …E’ meglio non essere innamorato / che esserci in mezzo / Tu, se non ti avessi mai avuto / Non mi sentirei così adesso”), insomma, la perfezione di un tuffo al cuore. Catarsi.

Ma ci si sta dimenticando che c’è anche un album da raccontare… e che album! Un cd che sgomita appena lo si scarta per mettere il suo vessillo sul lettore e non lasciarlo più a costo di sanguinose battaglie. “The Invisible Invasion” ha un fascino davvero fuori dal tempo, da classico istantaneo, una summa di spirito sixty e modernità passando da tutto ciò che ci sta in mezzo, toni americani che escono da dei giovanissimi inglesi di Liverpool, opposti che si attraggono per essere qualcosa che, se non completamente nuovo, si ritaglia il suo riconoscibilissimo spazio nell’ormai immensa città del rock. Come a dire: “Qui ci siamo noi e nessun altro!”.

Chi aveva goduto con il primo “The Coral” (2002) se lo immaginava, chi aveva letto che la produzione sarebbe stata curata da Geoff Barrow e Adrian Utley dei Portishead poteva supporlo, “The Invisible Invasion” è roba che scotta. E’ una fucina di citazioni all’interno del Coral-style: ancora Doors nella notturna “She Sings The Mourning” (“Lei canta il lutto / Nella calma notte”), le progressioni armoniche dei Madness nella irrequieta “Something Inside Of Me”, la schiettezza dei Supergrass nella strofa di “Come Home” (che si trasforma in una ballata cowboy nel ritornello), gli organi acidi dei Pink Floyd ai tempi di Syd Barret in “The Operator”, le dolci doppie voci alla Kings Of Convenience nella serena “Far From The Crowd”. O, più semplicemente, il pop psichedelico dei Coral in tutte le canzoni.

Si deve fare un sobrio appello all’ascoltatore indie intransigente: non tralasci di principio “The Invisible Invasion” facendosi assalire da rigurgiti indipendenti solo perché il singolo “In The Morning” passa su MTV e su radio commerciali. E’ come se si lasciasse scappare una bella ragazza perché ha le caviglie un po’ grosse. Senza contare che si lascerebbe scappare anche la (possibile) ipnosi mistica di “A Warning To The Curious”, e ciò è ingiustificabile. Se lo farà vorrà dire che aspetterà poi la sublimazione ascetica alle lacrime della prossima Madonna nel napoletano.

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