MUSICA PER BAMBINI, M__sica (Betulla Records, 2005)

Se non fosse stato per la lezione storica e sociale impartita da Basaglia un trentennio fa, oggi Manuel Bongiorni a.k.a. Musica per bambini sarebbe con ogni probabilità internato in un manicomio a intrecciare cesti di giunco o a sbattere aritmicamente la testa contro il muro. Difficile non dare del pazzo al curatore unico di un album come “M_ _sica” – sottotitolo: “ovvero Le Dieci ComandaMenti” -, concentrato di parossismi, non sense e deliri psicotici ai limiti del demenziale. È come se, perse le direttive di un senso di marcia (qualsiasi esso sia), un essere umano si sia dato come unico obbiettivo il flusso di coscienza totale, libero sfogo nel quale far confluire qualsiasi cosa gli passi per l’anticamera del cervello.

Indubbiamente il risultato è a dir poco bizzarro, anche perché Bongiorni fa tutto da solo, suonando e registrando a casa sua; almeno il Cappellaio Matto aveva come fedeli compagni il Leprotto Bisestile e il Ghiro. Invece Musica per bambini è un corpo solo, e una mente sdoppiata all’eccesso: tra preghiere per palle di neve, topi che si ritrovano sulla Luna, elegie per Lord inglesi di un passato che non c’è (forse) mai stato l’ascoltatore si ritrova sballottato e senza cintura di sicurezza, assalito dal logorroico incedere vocale dell’autore che urla, raglia, narra, scimmiotta (prendere ad esempio l’uso insistito della sinalefe in “Tanto Tonto”, quasi inascoltabile accozzaglia di parole) in un intento demistificante che non trova comunque, nel corso delle dieci tracce, una sua completezza.

Perché, al di là dell’originalità di fondo e dei rimandi che è possibile fare (ovviamente Frank Zappa, sia per le tonalità distorte della voce che per l’uso ironico della tecnologia, ma è comunque un paragone più di facciata che di vero e proprio senso dell’opera) resta in piedi una domanda che mi assilla fin dal primo ascolto: ma siamo sicuri che sia poi così coraggioso comporre un album del genere? O che ci sia poi tutto questo acume intellettuale alle spalle?

Non è possibile che “M_ _sica” sia semplicemente un passatempo senza troppa arte né parte? Il confine tra demenza e arguzia è a volte talmente sottile (quest’anno ne abbiamo avuto prova anche con il “Proffiti Now” dei Mariposa) da far traballare l’oggetto della disanima critica. E sinceramente stavolta sono più propenso a etichettare come demente (di-mente, direbbe probabilmente Bongiorni) il lavoro, perché il non-sense fine a se stesso è un giochetto fin troppo facile da fare per chiunque abbia una conoscenza del dizionario superiore ai duecento termini.

È operazione troppo comoda tirare in ballo, di fronte a un testo come quello di “Lord Hamilton di Warlthunn”, il nome di Lewis Carroll, ma si commette un errore grave nell’agire così: non c’è nulla di gratuito nelle filastrocche e nei giochi di parole allestiti dall’autore inglese nei suoi due capolavori “Alice nel paese delle meraviglie” e “Attraverso lo specchio”, tutto è ricondotto a un disegno più grande, analisi strutturale dell’uso delle parole che diventa analisi sbeffeggiante della stessa società descritta nei libri.

Ma non sono certo io a scoprire questo; il peccato è che non sarò neanche io a scoprire la genialità nascosta di Musica per bambini, perché al di là delle quattro risate che mi posso fare – e che mi sono fatto, non lo nego, per quanto l’eccessiva ripetitività di stile e musica tenda alla lunga a stancare – rimango dell’idea che non ci sia bisogno, in Italia e nel mondo, di un album del genere.

Non prendersi troppo sul serio è sempre un pregio, ma a non prendersi sul serio per niente si rischia di far perdere interesse nell’uditorio. Se Manuel Bongiorni deciderà di uscire allo scoperto con maggior attenzione e cura forse potrà anche avere qualcosa di realmente originale da dire, se continuerà sulla strada intrapresa finora troverà sicuramente il suo buon numero di adoratori – dopotutto, lo strano, anche quando è in realtà omologato e standardizzato, continua ad attirare inspiegabilmente folle di persone – ma rimarrà fenomeno di costume fine a sé stesso. A lui la scelta, ai posteri l’ardua (?) sentenza.

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