ZERO 7, Simple Things (Ultimate Dilemma Records, 2001)

Dai remix di Terry Callier (“Love theme from Spartacus”) e Radiohead (“Climbing up the walls”), il duo Henry Binns & Sam Hardaker, da North London, fa il grande salto, progettando a nome Zero 7 questa interessante miscela di ritmi downbeat e downtempo che si pongono in un affascinante confine tra post trip hop, lounge, soul e moderno acid jazz. Henry & Sam si circondano di ottimi vocalists (Mozez, Sia Furler e Sophie Barker) ed altrettanto validi strumentisti, tra i quali il grande Phil Thornalley al basso e chitarra ed il fine e preciso drummer dei Divine Comedy, Miggy Barradas.

Le canzoni sono in maggioranza di livello medio-alto, presentando diverse assonanze stilistiche con illustri predecessori come i Morcheeba ed i francesi Air, a volte superandoli come qualità complessiva dell’impianto stilistico, assai ambizioso nel coniugare piccole sofisticazioni, sensualità black e rigore stilizzato.

La fascinosa “I have seen” apre il disco, e subito ci si immerge in un’atmosfera da supper’s club. Un sinuoso giro di basso accompagna la voce profonda di Mozez, sullo sfondo suoni appena abbozzati e la piacevole sensazione di risentire certi anthems alla Isaac Hayes. Il successivo strumentale, “Polaris”, è una perfetta soundtrack per quelle splendide spy stories cucite addosso a vecchi draghi come Michael Caine o Paul Newman. Spesso quelle colonne sonore erano opera di John Barry, ed in “Simple things” si nota una grande devozione nei suoi confronti, specialmente nell’uso del vibrafono e nella sapiente sospensione delle pause e dei silenzi. Ecco, ci sembra che la carta vincente di questo esordio degli Zero 7 risieda in una sobria commistione di stili, tutti evidenti grandi amori di Binns & Hardaker, abili a non cadere nella tentazione della pura rivisitazione. Così anche Marvin Gaye viene “elettronificato” nella riuscita “Distractions”, Macy Gray si diluisce in un acid soul molto ambient (“Destiny”) e viene perfino evocato quello spiritello pazzo di Anderson dei Jethro Tull (“Red dust”). Bellissima inoltre “This world”, forse la traccia migliore di un album davvero piacevole, un moderno easy listening di gran classe.

 

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