VAN DER GRAAF GENERATOR, The Least We Can Do Is To Wave To Each Other (EMI, 1970)

Dopo un esordio avvenuto un po’ in sordina ecco invece un secondo album che rivela una maturazione velocissima nel songwriting dell’incontestato leader del gruppo inglese, Peter Hammill. “The Least”, già dalla sua uscita, si pone come caposaldo della corrente progressive, qui accentuata soprattutto nelle sue parti cupe e leggermente sepolcrali. Nella fattispecie rifulgono brani di inquietante bellezza come “Darkness (11/11)”, “White Hammer” (assolutamente schizofrenica, con un finale da girone dantesco!) e la conclusiva e fluviale “After the Flood”. Ad alternare queste schegge di follia nelle quali Hammill sembra trascinare tutto e tutti verso baratri di affascinante paura, troviamo momenti più delicati e squisitamente melodici come la deliziosa “Out Of My Book” e “Refugees”, capolavoro di malinconia e struggimento. Da sottolineare infine il grandissimo livello tecnico raggiunto dalla voce del cantante, capace di passare dal baritonale al mezzosoprano all’ “urlato sadico” nello spazio di un momento.

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