UNWOUND, Leaves Turn Inside You (Matador Records, 2001)

Quando vi affezionate a qualcuno e lo vedete crescere insieme a voi, è una vera gioia riscoprire il suo splendore. Così accade con gli Unwound, una carriera lunga quasi dieci anni come gruppo di culto, costruita frequentando i sotterranei della musica americana, che adesso raccolgono i frutti di tanto lavoro. Lo fanno con un disco che lascia un segno profondo, preparato in tre anni e che manifesta la propria importanza già a partire dalla mole: quattordici canzoni per ottanta minuti di musica. E un album che mostra uno dei modi migliori, se non il solo possibile, per suonare rock indipendente in questi anni. Ossia influenze nobili, Sonic Youth e Fugazi su tutti, come punti di partenza per costruire la propria musica, per esprimere la propria creatività.
“Leaves Turn Inside You” inizia in modo bizzarro, con il rumore statico di un organo che prosegue per due minuti senza portare apparentemente da nessuna parte fino a trovare lo sbocco nelle bellissime trame chitarristiche che segnano “We Invent You”. Un inizio folgorante, seguito dai momenti più immediati e consueti del gruppo in cui le chitarre si sporcano, le accelerazioni si alternano a momenti di quiete. Così accade in “Look a Ghost”, “December” e poi “Scarlette” e “Summer Freezee”, in un percorso che non può non rimandare ai Sonic Youth di “Sister”. I momenti di maggior fascino sono però quelli più originali, quelli in cui la rabbia viene stemperata, in cui l’atmosfera appare sospesa, in cui la strumentazione si amplia. E’ il caso di “Terminus”, che dal suo incedere potente si distende in un lungo e affascinante finale strumentale con tanto di violoncello, come fosse la colonna sonora per un immaginario film noir. Oppure è il caso di “Demons Sing Love Songs”, in cui le chitarre arpeggiate e il mellotron costruiscono un prodigio di canzone in bilico tra dolcezza e rumore. E poi ancora “One Lick Less”, che pare avvicinarsi alle atmosfere rarefatte dei My Bloody Valentine o “Radio Gra”, uno strumentale bellissimo e seducente. Come dire: questi sono i nuovi orizzonti degli Unwound e di tutto il rock indipendente americano.

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