CLOUD NOTHINGS, “Final Summer” (Pure Noise Records, 2024)

Il ritorno dei Cloud Nothings con il loro ottavo album “Final Summer” mi fa pensare come siano volati gli anni Dieci: loro ci sono sempre stati nelle nostre recensioni, storie, pensieri. Dal Cristofaro a Bordone passando per il Melis. Fino a quella maledetta pandemia che li ha trattenuti nella loro Cleveland, scambiandosi file a distanza per “The Black Hole Understands” – caricato a offerta libera su Bandcamp nell’estate 2020 – e tornando alla vita on the road dopo “The Shadow I Remember”, Febbraio 2021, ultima pubblicazione per la Carpark di Washington D.C. Ma senza venire in Italia.

“Se vogliamo che tutto rimanga com è, bisogna che tutto cambi” citando Il Gattopardo, e infatti Dylan Baldi e i suoi hanno firmato con la Pure Noise Records di Nashville, Tennessee, affidandosi ai servigi al desk di Jeff Ziegler, vincitore del Grammy per “A Deeper Understanding” di The War On Drugs del 2017, non esattamente le migliori premesse rock’n’roll se si considera che avevano lavorato con Steve Albini e John Goodmanson. Ne risulta tuttavia un disco svelto, apertamente college rock, dove le melodie emergono fresche e potenti (“Daggers Of Light”) e regna l’immediatezza tipica di gente giusta come i Superchunk o gli Archers Of Loaf (“The Golden Halo”).

Varcata la soglia dei trent’anni le liriche di Baldi si fanno personali – “Oh, I have some thoughts/Oh, I have some dreams/But I need to be happy/With what I’ve got for me“, dichiara la title track posta in apertura – ma anche universali in una “Silence” abrasiva alla maniera dei Nirvana di “In Utero”, “Why do you keep relying/On the man who said you should burn/This is an ancient terror/And I won’t you see when it’s gone/Another normal day/Another dying planet we’re on”. Gustosità tra Wipers e l’emo-punk per “Mouse Policy”; “I’d Get Along” innalza un wall of sound sconosciuto a qualunque gruppo odierno con chitarre; mentre i superlativi non bastano per “Running Through The Campus”, un inno che avrebbero potuto scrivere Paul Westerberg o Stephen Malkmus. Vale da sola l’acquisto: da lacrime.

Ziegler è soprattutto abile a regolare le cacofonie soniche del gruppo come nella doppietta “Thank Me For Playing”/”On The Chain”, una grande vetrina anche per il batterista Jayson Gerycz e il bassista Chris Brown: quando le pogheremo sotto palco, sarà uno dei giorni più belli della nostra esistenza. Il singolone “Common Mistake” è un’altro manifesto dell’arte di Dylan Baldi, che con “Final Summer” scrive alcune delle sue più belle canzoni di sempre e dell’indie-rock tutto.

83/100

Photo Credit: Pure Noise website