[IT-alien] La rigogliosa selva musicale di Marta del Grandi

Una traiettoria che collega il pop più elegante a contaminazioni di diversa origine che creano un ponte tra Europa e Asia. Le intuzioni sonore contenute all’interno di “Selva” sono il risultato delle numerose influenze che Marta Del Grandi ha accumulato in anni di studio, esperienze e viaggi.

Il secondo album, pubblicato il 20 ottobre per l’etichetta inglese Fire Records (che ha prodotto nomi come Teenage Fanclub, Spacement3 e Giant Sand), esce a distanza di due anni da “Until we fossilize” e rappresenta un ulteriore passo in avanti per una cantautriche che, fin dall’esordio del 2016, aveva dimostrato di possedere non indifferenti capacità vocali, carisma e creatività. Mentre “Until we fossilize” del 2021 è nato durante la pandemia ed è stato registrato dall’artista lombarda sostanzialmente in solitaria con l’aiuto di alcuni amici che hanno contribuito a realizzare il lavoro a distanza suonando diversi strumenti, come la viola e il violoncello, “Selva” recupera una dimensione collettiva ed è frutto della collaborazione di una vera e propria band formata da musicisti con cui aveva collaborato in precedenza.

La base da cui è partita per la costruzione del disco è “Stay“, una traccia pubblicata come singolo nel 2022 che Marta ha voluto riarrangiare facendo ritorno in uno dei luoghi in cui aveva vissuto, in Belgio, a Gent. Qui si era trasferita nel 2012 per proseguire al Royal Conservatory gli studi iniziati a Milano presso la Scuola Civica. Partendo da una formazione che esplora le possibilità della voce come strumento e che sfrutta le tonalità del Jazz, l’esperienza europea ha permesso all’artista di ampliare la sua visione, grazie anche al fermento dei club cittadini e alla vivacità della scena locale, aggiungendo al suo background l’interesse per generi diversi e lo studio della produzione musicale.

Se in “Until we fossilize” le tracce contengono qualcosa di sotterraneo e scavano in profondità creando atmosfere incantate e soffuse, “Selva” è piuttosto la conferma della versalità dell’artista, della sua abilità nel sapere creare connessioni tra generi diversi. Lo stesso titolo del disco, che sembra richiamare la componente botanica (comunque presente nell’immaginario di Marta del Grandi, come denota il bellissimo video di “Somebody new” e il testo di “Cospiro”, il brano nato dalla collaborazione con i Casino Royale) è in realtà la rappresentazione metaforica di un bosco abitato da creature vegetali disparate, segno della possibilità di mettere insieme sperimentazioni di tipo eterogeneo: “Vengo da un’esperienza eclettica, io stessa mi trovo a combattere con questa natura che tende in quella direzione. Per me è sempre molto importante a livello creativo trovare modi espressivi diversi. La forma canzone è una tavolozza interessante”.

“Selva” contiene 12 brani scritti in luoghi e in fasi diverse della vita dell’artista, nonostante il recente ritorno in Italia. Un disco multiforme che risente dell’influsso dei monsoni (“Marble Season”) con riferimenti a figure centrali per la propria crescita artistica (tra cui “Mata Hari”) e spazia da un pop raffinato (“Stay”, “Good story”) all’indie folk (“Eye of the day”, “Two Halves”) fino all’elettronica. Massiccia la presenza dei fiati, come nel singolo “Chameleon eyes”. Ritmi tribali conturbanti caratterizzano uno dei brani più riusciti del disco, “Snapdragons”, nato come sonorizzazione dell’istallazione della sorella Isabella realizzata in occasione della Milano Design Week. Le liriche sono in inglese, ma non manca un brano in italiano che riprende il nome dell’album: “Selva” è un breve intermezzo musicale arricchito da un verso che somiglia a un haiku e echeggia sensuali memorie dannunziane. L’atmosfera intimistica è presente anche in “End of the Word pt.1” e in un gioiellino che presenta elementi jazz come “Polar Bear Village”.

La voce è tuttavia il gradiente fondamentale della ricerca musicale di Marta che a questo proposito, in una intervista per il webzine indie-eye, aveva citato Tatiana Corra, cantante lirica albanese, che le ha insegnato a servirsene come se fosse un armadietto con molteplici cassetti da aprire, passando dai suoni più gutturali a quelli più aerei. Meritano una menzione i videoclip, estremamente curati e realizzati in collaborazione con diversi videomaker, che arricchiscono il mondo musicale dell’artista.

Nell’attesa delle date previste dal tour europeo (che è possibile trovare qui), la cantautrice presenterà l’album al Dr. Martens Fest il prossimo 28 ottobre, stabilendo una più diretta connessione con il pubblico attraverso un set acustico solo chitarra e voce.

(Eulalia Cambria)

Foto di Cecilia Fioroni