I mille volti dell’Aussie-rock nella carriera di Dom Mariani

#tbt

Quarant’anni spesi a fronteggiare band e a cimentarsi con ogni genere di musica per chitarra: la straordinaria parabola di un ragazzo di discendenza italiana – nonno di Vasto – cresciuto a Perth, Australia e adottato dal mondo del rock’n’roll, senza l’intenzione di mollare un solo centimetro.

Domenic Desio Mariani nasce nel 1958 e affianca immediatamente il percorso di studi in architettura ad una passione smodata per il beat sixties, il garage-rock e il rhythm’n’blues cominciando con piccoli gruppi per poi giungere all’esperienza per cui sarà più ricordato, gli Stems. Grazie a un demo giunto all’orecchio di John Needham – impossibilitato a vederli live – sono scritturati dalla Citadel Records per cui registrano a Sydney nel 1985 i loro primi classici come “Make You Mine” e “Tears Me In Two” (quest’ultima consumata anche dai DJ di casa nostra) insieme all’EP “Love Will Grow”, con la produzione di Rob Younger dei Radio Birdman. Tutto materiale reperibile in varie compilation, da “The Great Rosebud Hoax” all’ottima uscita del 2010 per la Teen Sound Records di Massimo del Pozzo, “From The Vault: Singles, EP’s and Rarities”.

L’influenza di Pretty Things, Rolling Stones e Sonics lascia spazio a una vena più garage-folk in “At First Sight, Violets Are Blue”, LP realizzato dalla White Label Records nel 1987. Un disco che li fa conoscere oltreoceano arrivando a vendere più di 35000 copie totali ma che crea frizioni all’interno del gruppo, che sommate a tour massacranti e a una pessima gestione manageriale li porta allo scioglimento. Fino al febbraio ’97, quando la line-up originale si ritrova per uno show a Fremantle, città natale di Mariani; segue nel 2002 il tributo ufficiale alla band – “The Great Stems Hoax” – dove partecipano anche i torinesi Sick Rose con “Don’t Let Me”. Mariani ricambierà il favore producendo negli anni successivi i loro “Blasting Out” e “No Need For Speed”. “Heads Up”, come-back del 2007, sembra gettarli nelle atmosfere torrenziali dei loro esordi con in più un piglio grungy dovuto al lavoro in studio con John Curley, bassista degli Afghan Whigs. Con la recente morte del tastierista Richard Lane finisce una lunga avventura che li ha portati tante volte a esibirsi anche in Italia.

Torniamo però indietro alla metà degli anni ottanta, quando Dom stringeva amicizia con l’ex chitarrista e voce dei Lime Spiders Darryl Mather, costretto per una leucemia al distanziamento sociale, per formare nel 1986 i Someloves uniti dall’amore per il power-pop e le melodie beatlesiane. “Something or Other” esce nel 1990 vincendo sette Western Australian Music Industry Awards tra i quali il titolo di “Most outstanding songwriter award” per Dom; segna anche la prima collaborazione con Mitch Easter (R.E.M., The dB’s, Suzanne Vega). Le canzoni del disco suonano talmente perfette, nell’ammiccamento a Big Star e Raspberries, che Mather si rifiuta di portarle dal vivo, decretando un conflitto insanabile con Mariani e la fine di una brillante avventura – appendici gli showcase tenutisi senza Darryl tra ’90 e ’91 sotto la sigla Orange e una retrospettiva, ormai introvabile, “Don’t Talk About Us 1985-89” per la Half A Cow.

Nel 1992 Dom Mariani si libera dai vincoli contrattuali con la Mushroom e forma con due musicisti di evidenti origini nostrane, il batterista Pascal Bartolone e il bassista Toni Italiano, i DM3. “One Times, Two Times, Three Red Light” l’esordio autoprodotto per la Citadel, a cui segue un lungo tour europeo che culmina con la performance al festival danese Roskilde poi uscita in DVD nel 2013; “Road To Rome” del 1996 è supervisionato ancora da Easter meritando a posteriori lo slot numero 11 nel libro di John M. Borack Shake Some Action: The Ultimate Power Pop Guide (2007) grazie a canzoni piene di “meaty, beaty, big and ballsy guitar riffs living in a state of sheer bliss with non-cliched lyrics”. Holly Cara Price dell’Huffington Post definirà il trio “the best power pop band ever to come out of Australia”. “Rippled Soul” chiude la loro discografia nel 1998, prima di un nuovo millennio che vedrà intensificarsi le attività musicali di Mariani con un album solista (“Homespun Blues and Greens” del 2004), entrando negli Stoneage Hearts per “Guilty As Sin” e per il combo strumentale The Majestic Kelp, interessante progetto che unisce Ennio Morricone con Link Wray, la surf music con l’exotica. Quattro titoli realizzati tra il 2003 e il 2018.

Le esperienze con nuovi musicisti allargano la visione di Mariani che sposa il tecnicismo e un rock più duro che cita Jimi Hendrix, Black Sabbath, ZZ Top. La raccolta acustica “Rewind And Play”, in cui traccia l’intera strada da “At First Sight” a “Just Like Nancy” ultimo singolo dei DM3, è una breve parentesi tra i Domnicks (con Nick Sheppard, chitarrista nei Clash di “Cut The Crap”) e i Datura4, oggi suo gruppo principale. Formati con Greg Hitchcock (The New Christs, You Am I) nel 2009, pubblicano cinque dischi per la Alive Naturalsound – sussidiaria della Bomp! – mostrando una riverenza per l’hard-blues dei Black Sabbath, i Deep Purple, i primi Fleetwood Mac. Questo mese di ottobre la band australiana sarà in Italia per presentare l’ultimo disco “Neanderthal Jam” con sei date: il 3 al Raindogs House di Savona, il 4 al Blah Blah di Torino, il 5 al Freakout di Bologna, il 6 al Pippo di Bolzano, il 7 al Joshua Club di Como e infine sabato 8 a Villa Arbrizzi Marini a Treviso. Scoprirete chiacchierando con Dom tutto il suo amore per l’Italia (e la cucina abruzzese) e vi godrete l’ennesima incarnazione di un songwriter maiuscolo, paladino dell’Aussie-Rock.

Una bellissima scheda sulla compilation a inizio articolo la trovate qui, curata da Hamilton Santià. Un ringraziamento a Gabriele Savioli di Neu Radio e Gimme Danger – A Rock’n’Roll Magazine.