L’impatto sonoro dei Built To Spill

Built To Spill – Santeria Milano – May 30, 2023

Da ormai quattro anni Teresa Esguerra (batteria) e Melanie Radford (basso) si aggiungono al leader Doug Martsch nella più recente incarnazione dei Built To Spill. Un cambiamento che ci voleva perchè l’ultima formazione proprio non convinceva, non riuscendo mai a rendere il suono scarno ed essenziale, marchio di fabbrica del gruppo dell’Idaho.
Durante questa leg europea il gruppo propone l’esecuzione di brani non tra i più famosi della discografia, che ha visto l’ultimo ‘nato’ l’anno scorso posizionarsi tra le loro migliori produzioni.


Infatti “When the Wind Forgets Your Name” è l’album che alla fine, con tre brani, darà l’apporto maggiore alla setlist.
Il gruppo arriva spaiato, ognuno si prepara le sue attrezzature e ad un cenno di Doug comincia il drumming di “Rocksteady”, risultando in coda a quello che sembra la continuazione del soundcheck. Il suono secco e preciso dato dal terzetto è una delle caratteristiche più evidenti di tutto il concerto, che vista la natura schiva del leader sarà fatto solo di molta musica e poche parole, anzi proprio nulle.

Doug Martsch infatti si limita ad eseguire, accordare e aggiustare i vari distorsori/soundbox che ha intorno (e si è montato), accontentandosi di fare piccoli segnali quando è pronto a partire, alle compagne sempre tese verso di lui.
Il recupero di “Reasons” (datato 1994) e “Stop the Show” (1997) può dare l’idea di quanto al gruppo interessi l’amalgama dei suoni piuttosto dell’accattivarsi un’audience che per forza di cose li conosce bene. Nulla da eccepire per le altre scelte dal nuovo album dove, oltre alla già citata “Rocksteady” vengono eseguiti due brani accattivanti che ben si immergono nel repertorio del gruppo come “Fool’s Gold” e la riffatissima “Gonna Lose”.

Negli ottanta minuti di esibizione trovano spazio due brani uno(“Virginia Reel Around the Fountain”0) proveniente dal side project del leader The Halo Benters e l’altro un punk-rock dal titolo “The mountain” dei Heartless Bastards.

Una versione martellante di “Pat” (2009) che esalta la potenza sonora della batterista del New Messico e l’accattivante “Convintional Wisdom” (2006) chiudono il set prima di dare spazio al celebratissimo “Keep it like a secret”, nell’unico encore, con “Carry to Zero”, degna chiusura di un live improntato sull’impatto sonoro e che non vuole far altro che ribadire la seminalità di un gruppo che da sempre è riferimento di chiunque si possa definire in qualche maniera ‘indie’.