THE LEMON TWIGS, “Go To School” (4AD, 2018)

Brian e Michael D’Addario da Long Island. Fratelli nella stessa band come i Wilson, i Davies e i Mael: dalle comparsate a Broadway e sul grande schermo appena adolescenti alla formazione nel 2014 dei Lemon Twigs, i due ventenni non hanno più intenzione di fermarsi. Dall’esordio casalingo in musicassetta con “What We Know” viaggiano al ritmo di una nuova uscita all’anno, ma il recente “Go To School” è molto di più, ovvero il sunto di tutte le passioni musicali dei D’Addario in una grandiosa opera concettuale, che vede come ospiti illustri niente meno che l’istrionico Todd Rundgren e Jody Stephens, batterista dei seminali Big Star.

“Go To School, A Musical presented by The Lemon Twigs” mette subito in chiaro le cose. Non ascolterete niente di simile, di certo per questo 2018. I quindici brani – più un outro finale che riprende il tema dell’abbrivio “Never In My Arms, Always In My Heart” – sono stati scritti, registrati e prodotti dai D’Addario nella loro casa di Long Island con Daryl Johns al basso, Andres Valbuena alla batteria e Tommaso Taddonio alle tastiere. La storia è tanto articolata quanto bizzarra: la dolorosa formazione di Shane, uno scimpanzè cresciuto come umano da Bill (interpretato proprio da Rundgren) e Carol (Susan Hall, madre musicista dei due), impossibilitati ad avere figli, mentre affronta gli ostacoli della vita. Similmente a “Tommy” emergono i punti di vista e i sentimenti dei tanti protagonisti, dalla rassegnazione della madre nel sacrificio di diventare insegnante, troncando così il sogno di una carriera musicale (“For seven hundred bucks a week I teach and It pays for all the food Shane eats […] It could have been me up on the Stage”) nella frizzante “Rock Dreams”, fino al realismo di Bill che confessa la verità in “Never Know” (“Shane, alI’ve been meaning to unpack these lies Time, time, time after time, I always treated you just like a son Though you were never one”), un gioiello pop di chiara impronta Steely Dan.

Se tutto il lavoro è permeato di sonorità e idee parallele alle decadi sessanta/settanta – “This Is My Tree” ricorda il Bowie di “Young Americans” laddove “Lonely” è un incontro tra le arti di Randy Newman e Elton John – la scrittura di Brian e Michael è avvincente e mai lineare, ad esempio “The Bully” nasce come un morbido bossanova e termina in una fanfara di trombe, dopo uno stacco tipicamente glam. Brian è l’anima mccartneyana del duo, scrive e canta gli episodi più melodici e teatrali (“The Lesson”, “Wonderin’ Ways”); mentre il più giovane Michael è uno scriteriato interprete rock’n’roll (sua “Queen Of My School”, in cui Shane viene sedotto e abbandonato da Daisy) che fa il verso a Ian Hunter e Alex Chilton. Il singolo “Small Victories” resta il gancio più evidente all’universo pop di “Do Hollywood” anche se il capolavoro è la drammatica e risolutiva “The Fire” – e qui Lou Reed docet: lo scimpanzè si vendica involontariamente di tutto il male subito a scuola, “Everyone was pushing him And you could really feel his pain And it was right then You started to see these, like, flames A fire started in the school That took a hundred lives away” e torna nel suo habitat naturale, appunto gli alberi. Dopo qualche brano fin troppo ridondante (“Born Wrong/Heart Song”) si arriva alla chiusura dell’album, “If You Give Enough”: in versi quali “Your life’s only good as love, if you give enough,” la morale della favola viene rivelata – dai tanto amore senza aspettarne in cambio e non verrai corrotto dall’odio che ti circonda.

Nelle parole dei D’Addario “Go To School” è “Qualcosa di grande, piccolo, cupo e speranzoso. Tutto in meno di un’ora.” Intanto si sono già uniti agli Arctic Monkeys per il loro tour europeo e saranno ospiti per due serate all’ Hollywood Bowl di Los Angeles. Avere ventanni, Siore e Siori.

76/100

(Matteo Maioli)