VALERIE JUNE, “The Order Of Time” (Concord Music Group, 2017)

Valerie June Hockett è una cantautrice/polistrumentista classe ’82 proveniente da Memphis, voce nasale a ricordare Dolly Parton e lunghi dreadlocks in stile Lenny Kravitz, che pubblica il suo secondo album per Concord Records, “The Order of Time”. Arrivata tardi alla notorietà ma da sempre dentro il “sogno” della musica (grazie all’occupazione del padre che è stato promoter di Prince, Bobby Womack e vari artisti gospel) si può definire una delle scoperte più importanti degli ultimi anni nel panorama modern blues. Produttori quali Craig Street e Dj radiofonici come Mary Anne Hobbs hanno dato una bella spinta, eppure la svolta per Valerie è segnata dall’incontro con il Black Keys Dan Auerbach, stretto collaboratore alla realizzazione dello scoppiettante “Pushin’ Against A Stone”, finito dritto nelle classifiche di Billboard e Rolling Stone 2013 e con una nomination ai Blues Music Awards.

Per “The Order Of Time” l’artista di stanza a Brooklyn si è concentrata su una scrittura maggiormente evocativa, panorami sonori che si fondono a interpretazioni dense di spiritualità. “Inevitability Of Change” e “Time as the ruler of Earth’s rhythm,” sono le fondamenta di questo disco, spiega la June, “e ci fanno capire che con la resilienza e la fede le cose possono funzionare”; del resto ha definito la sua proposta come “organic moonshine roots music”, facendo dell’eterogeneità di influenze il centro del discorso. Si parte con “Long Lonely Road” ed è puro americana al 100%; segue “Love You Once Made”, una piano ballad che cresce arricchita da un’ottima sezione di fiati. “Shakedown” e “Got Soul” garantiscono ritmo, sfrontatezza e pura improvvisazione, di piega hard blues la prima e con un assolo di violino! in un classico pattern r’n’b la seconda. “With You” mi ha fatto pensare agli esordi di Tim Buckley, mentre “If And” trasforma un’ipnotica melodia velvettiana in un recital blues tinto di esoterismo; “The Front Door” potrebbe far parte ugualmente del canzoniere dei Wilco e dei Mazzy Star.

Emblema di questa nuova fase è il morbido singolo “Astral Plane”, le cui liriche meritano un focus speciale: “Is there a light / You have inside you / Can’t touch A looking glass / Can only show you So much / Follow the signs / Slowly but steady Don’t rush / The day will come / When you are ready / Just trust” vanno poi a esplodere in un magnifico chorus, “Dancing on the astral plane / In holy water cleansing rain / Floating through the stratosphere / Blind but yeah you see so clear”. Valerie June non si risparmia dal confronto con i grandi del passato ma a volte sfigura, quando clona i Fleetwood Mac in “Two Hearts” o Van Morrison in “Slip Slide On By”; un pò fini a sè stesse anche “Man Done Wrong” e “Just In Time”, nei canoni più usati del blues e del folk tradizionale.

Compagni di viaggio di Valerie June sono questa volta Matt Marinelli (Beck, Bad Brains) in produzione e Norah Jones ai cori, oltre al padre, i fratelli e gli amici che l’hanno aiutata a dare forma al suo sogno. Perciò continua a sognare, che strada ce n’è, davanti a te, da fare.

72/100

(Matteo Maioli)