Intervista ai Banshee

Mi piacerebbe partire con un piccolo flashback. Guardandovi indietro, quali sono secondo voi le novità che “Your Nice Habits” introduce rispetto al vostro album d’esordio? C’è stata un’evoluzione, un qualche tipo di cambiamento, e in che direzione vi pare si sia sviluppato?

Le novità sono state tante e di certo la pubblicazione di “Public Talks” ci ha permesso di fare innumerevoli esperienze e di evolverci nel modo che poi ha permesso a “Your Nice Habits” di prendere forma. Credo che la maturazione più sostanziale a livello compositivo sia dipesa dalla nostra crescente voglia di metterci in discussione e di guardare al nostro progetto da un altro punto di vista, facendo emergere maggiormente lati e spigoli del nostro carattere all’interno delle canzoni.

Sempre a questo proposito sarebbe interessante sapere come è maturata la vostra collaborazione con Luke Smith. Pensate di avere imparato qualcosa da questo incontro? Cosa, secondo voi, il suo approccio ha aggiunto alla vostra musica e al vostro suono?

Il lavoro svolto con Luke è stato determinante per noi, sia a livello di crescita come gruppo sia per quanto riguarda ognuno di noi nell’approccio alla musica. Lui ci ha spinti a guardare a noi stessi in un altro modo, ci ha insegnato tecniche e sonorità che non conoscevamo, ci ha dato un’enorme spinta creativa che si è riflessa su questo disco ma che credo vedrà i suoi frutti più maturi nei lavori a venire.


Recentemente avete avuto l’opportunità di esibirvi in Gran Bretagna. Erano i vostri primi concerti fuori dai confini patri? È stata un’esperienza positiva? Volevo chiedervi soprattutto se avevate colto un atteggiamento, una partecipazione, un interesse in qualche modo diversi da parte del pubblico inglese nei confronti della musica, soprattutto nella sua dimensione “live”.

Siamo stati in Inghilterra tre volte per suonare, è sempre una gioia suonare là perché il pubblico è molto partecipativo e da sempre grandi soddisfazioni in tutti i sensi, di certo l’interesse nei confronti della musica dal vivo è notevolmente maggiore rispetto all’Italia ed è molto più facile per una band ottenere riscontri e confronti positivi.


Secondo il critico Simon Reynolds la new wave (o post-punk che dir si voglia) è stata forse l’ultimo grande movimento di avanguardia e radicale innovazione nella storia del rock. Nel vostro sound è possibile cogliere una pluralità di riferimenti più o meno evidenti alla musica di quel periodo, cosa che tende ad accumunarvi a molte altre band venute alla ribalta in questi ultimi anni. Secondo voi per quale motivo la new wave (con la sua estetica, il suo bagaglio di sonorità e sperimentazioni) ha riscosso in tempi recenti un interesse così prepotente soprattutto da parte del pubblico più giovane?

Non saprei dire il motivo, si tratta di corsi e ricorsi storici, è chiaro però che un movimento di costume così forte come la new wave risulta attraente per chi si immerge nel mondo della musica e dell’arte; ed è comprensibile che ci si rivolga al passato in un periodo storico che ha poco da dire nel quale si è dominati dalla tv spazzatura e si è invogliati a non pensare. Credo però che da questo possa comunque nascere qualcosa di buono e che ci siano nonostante tutto diverse bands veramente ottime in giro in grado di creare avanguardie e cultura.


Genova, dicevo, è un’idea come un’altra…” cantava il buon Paolo Conte. Una delle prime cose che subito salta all’occhio è la vostra provenienza geografica. Genova è stata senza dubbio una città fondamentale per la storia della musica italiana, legata a doppio filo con la tradizione dei cantautori che, dal punto di vista storico, ha avuto un peso enorme. Immagino tuttavia che negli ultimi anni qualcosa sia cambiato o stia cambiando. Un gruppo come il vostro ha avuto difficoltà nel reperire spazi nei quali potersi esibire? Ci sono altre giovani band attive in città? Pensando al concomitante successo degli Ex-Otago si può parlare di una nascente “scena indie” genovese?

La difficoltà di esibirsi e di crescere per una band che nasce a Genova è totale ed è peggiorata molto negli ultimi anni anche rispetto a quando abbiamo iniziato noi. Tuttavia ci sono diverse bands interessanti e consiglio loro di rivolgersi il più possibile fuori città per impratichirsi e maturare, per ora a Genova manca quasi tutto quello che può far parlare di “scena” a mio avviso anche se c’è chi prova a fare qualcosa in proposito e spero ovviamente che questa situazione cambi in fretta.


Come pensate possa evolversi la vostra musica in futuro? Quali elementi vi piacerebbe innestare nel vostro sound? Vi piacerebbe collaborare con qualche band (magari straniera) del panorama attuale?

Per ora stiamo sperimentando molto, stiamo componendo con computer sintetizzatori e samplers, il nostro suoni si sta evolvendo decisamente. La direzione che prenderemo non è ancora definita, e il fatto di avere di fronte a noi infinite possibilità ci permette di lasciare molto spazio alla creatività individuale di ogni componente della band senza la fretta di dover concretizzare tutto subito in un disco. Gli artisti con cui ci piacerebbe collaborare sono moltissimi, sia a livello musicale che di immagini e video, spero che con le date che faremo in giro per l’Europa nel 2009 avremo la possibilità di conoscerne tanti altri.

(12 novembre 2008)