MAGNOLIA ELECTRIC CO., What Comes After The Blues (Secretly Canadian, 2005)

Archiviata la sigla Songs:Ohia, Jason Molina torna a far parlare di sé con un gruppo: i Magnolia Electric Co. Non che nel frattempo sia rimasto con le mani in mani, è dell’anno scorso infatti il bellissimo “Pyramid Electric Co.”, lavoro uscito a suo nome che comprendeva sette malinconiche ballate contraddistinte da un lento incedere e un’atmosfera scarna e mortifera. Anticipato da un live – “Trials and Errors” – questo “What comes after the blues” abbandona il sad-core del passato per buttarsi anima e corpo nel rock americano sulla scia del Neil Young di “Tonight’s the night”.

La nuova vita di Molina si fonda su frammenti folk che pagano un fortissimo dazio nei confronti della tradizione, come ad esempio in “Hard to love a man” e “The night shif lullaby” e cavalcate elettriche che nel loro respiro di retroguardia colpiscono per suggestione: “The dark don’t hide it”, “Leave the city”, “Give something else away every day” sono esempi di canzone che, pur muovendosi in una musica che qualcuno potrebbe non sopportare in quanto ferma al 1975, riescono a comunicare il sentimento di malinconia e dubbio che pervade un sempre più incerto Molina.

Sicuramente si tratta di un lavoro molto più aperto e luminoso rispetto agli esordi, ma siamo ancora lontani dall’ottimismo – opzione che il nostro sembra aver dimenticato in maniera addirittura preoccupante – e non è detto che sia un difetto, perché nonostante la stagione in corso possa guidare con naturalezza verso lidi spensierati e formazione decisamente più disimpegnate, i brani di “What comes after the blues” dimostrano un mondo in continuo sviluppo, una personalità forte ed ispirata e una musica che riesce ad essere attuale e suggestiva nonostante tutte le caratteristiche vintage che ricordano le volte in cui si mette “Harvest” sul piatto del giradischi. Assieme a “Cold Roses” di Ryan Adams, tra i dischi classici meglio riusciti di questo scorcio di anno.

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