RE.SET 02 – Festival di musica dance e elettronica – Bologna (6 settembre 2002)

In scaletta : Groove Safari, Mantra Vibes, 5th Suite, Avril, Weekendance, Alex Dandi, Santos, Richard Scanty, Timo Maas, X-Press 2

Il parterre de roi radunato dai ragazzi del Maffia per questa seconda edizione di Re.Set non lasciava alcuna alternativa: bisognava esserci!

Due serate-maratona dedicate agli amanti della musica elettronica, ai cultori dei nuovi ritmi, a coloro che amano sempre essere un po’ più “avanti” e a tutti quelli che, più semplicemente, adorano ballare ed ascoltare suoni diversi da quelli proposti sull’effe-emme nazional-popolare.

Disko, avendo già una certa età, si trovava, suo malgrado, a dover scegliere tra un venerdì dedicato alla dance europea più “canonica”, in bilico tra house d’autore e techno-trance di grana finissima, ed un sabato votato alle tendenze più di nicchia, con assaggi e contaminazioni di dub, drum’n’bass, breakbeat e 2step.

L’ingresso nella tenda Estragon del Parco Nord di Bologna dà un’immediata idea dell’evento che ci apprestiamo a godere: la consolle troneggia su uno stage già teatro di numerose esibizioni live, quasi a suggellare l’oramai vetusta e consunta icona che rappresenta il DJ come vera e propria rock-star; sullo sfondo un impianto luci ed effetti che nulla ha da invidiare a palchi ben più illustri. A lato, come ad ogni performance multimediale che si rispetti, DDG proietta sul megaschermo verticale le sue “schegge visive”, una raffica violenta, frenetica ed ininterrotta di immagini che sostiene ed amplifica al meglio l’energia che fuoriesce dal sound-system.

Tra i personaggi di primo piano impegnati nella non-stop di venerdì, un posto d’onore era riservato al “nostro” Santos (uno pseudonimo veramente a prova di bomba, tanto che continuo ad ignorarne il vero nome!). Vero “self-made-artist”, Santos ha saputo rinnovarsi con stupefacente efficacia, passando dalla house commerciale (ci ricordiamo ancora “Larari – Canzone Felice” del 1998, insieme a Sabino) ad un genere composito decisamente più energico (per non dire esplosivo), da lui audacemente battezzato “Shakadelic!” (“Camels” la hit del 2001).

E la sua performance non fa che giustificarne l’ascesa, confermata dall’interesse che molti illustri colleghi ed addetti ai lavori mostrano nei suoi confronti (il suo ultimo “Helsinki EP” è stato favorevolmente recensito da Ashley Beedle, Touchè dei Wiseguys, Way Out West e Fatboy Slim): il groove, privo di qualsiasi contributo vocale, non conosce soluzione di continuità ed il ritmo non scende mai sotto i 130 bpm d’ordinanza. Tuttavia, ciò che contraddistingue Santos è la sua presenza scenica, l’evidente entusiasmo che lui stesso manifesta in ciò che sta facendo, la sua teatralità spontanea capace di evitare qualsiasi monotonia e stagnazione: ed il pubblico danzante lo recepisce come uno di loro, lo segue nelle sue evoluzioni, facendosi coinvolgere di buon grado da tanta verve ed arrivando ad acclamare le miscelazioni, le riprese ed i giochi di pitch.

Il sample vocale di “Drop The Hate” del maestro Fatboy Slim (la cui anima veglia comunque sulla situazione, avendo strettamente collaborato con tutti i protagonisti della serata) segna il passaggio del testimone al paffuto Richard Marshall, aka Scanty, che già avevamo sentito nella serata MTV 2001 ai Magazzini Generali di Milano. La cassa sempre ben pompata ora sostiene tessuti elettronici di chiara reminiscenza 80s: una tech-house fin troppo omogenea che, tra una digressione percussiva e l’altra, rende omaggio ai talenti dell’indimenticato Patrick Cowley e del Jean Michel Jarre più sperimentale (quello di “Zoolook” per intenderci…). Gli accenni vocali si riducono a campioni parlati puramente ornamentali, che scarabocchiano il groove ciclicamente intervallato da benefiche pause “di decompressione”.

Una sorta di funk del terzo millennio proposto in un set sicuramente più duro di quello ascoltato giusto l’anno passato (o forse Disko comincia ad avvertire il peso delle primavere…), ma il pubblico risponde: basta un inserto della ritmica di “Da, Da, Da” dei Trio o l’accenno di un bassone ipnotico tipo “Where’s Your Head At” dei Basement Jaxx (ma non è quello…) per avvertire il gradimento della folla ondeggiante. Tuttavia, se un appunto si può fare, è proprio la mancanza di una hit conclamata a mantenere l’atmosfera su un livello di costante, ma composta, soddisfazione.

Il remix realizzato da Scanty medesimo su “Shifter” di Timo Maas (è tutto un magna magna…) segna il passaggio delle consegne proprio al Principe di Hannover, la cui esibizione costituisce il piatto forte della serata. Sulla scia dell’unanime riscontro dell’album “Loud” e del singolo d’apertura “To Get Down” (a mio parere il più bel pezzo finora sentito nel 2002), plana sullo stivale Herr Timo Maas, l’ultimo (in ordine cronologico) della ristretta schiera dei DJs entrati, per propri meriti e capacità, nell’olimpo dello star-system musicale.

Una sigaretta e via con “Silver Screen” di Felix Da Housecat arrangiata alla maniera del primo Adamski. L’incipit vagamente melodico illude l’ascoltatore, il quale rimane poi travolto da un’esplosione di percussioni progressivamente “sporcate” da incursioni elettroniche dapprima solo accennate, poi sempre più strutturate ed organicamente inserite sulla base impetuosa. La prima parte del programma si alterna così tra l’energia primordiale del tessuto sonoro quasi tribale ed il riciclo di suoni electro reinterpretati dal recente passato, secondo l’attuale tendenza che ha finalmente rivalutato il contributo di formazioni quali i New Order, gli Human League e gli Heaven 17 (così si inserisce quasi naturalmente una lunghissima versione di “I Feel Love” restaurata secondo i canoni del Timo-style).

Pausa molto ruffiana nel bel mezzo del cammino, quasi a chiamare la standing ovation, e ripartenza serrata techno-oriented; è in questa seconda fase che più risalta il talento di Timo nel saper separare grooves acidi, ipnotici ed inevitabilmente ripetitivi con sapienti break, parlati, anche corali, persino cadenzati dal clapping o dalla simulazione del battito cardiaco: in questo modo l’inserto, anche se non famoso, si evidenzia da sé solo, fino a diventare quasi familiare. In ciò lo agevola la perizia tecnica, che Timo mostra anche nei consueti e doverosi giochi di filtri ed equalizzazioni “volanti” nonché nelle oramai estinte miscelazioni in dissolvenza incrociata.

Tutto ciò premesso, qualcosa mi lascia comunque perplesso… Non che pensassi di essere ad una finale del DMC, ma anche l’occhio vorrebbe la sua parte. O meglio: non mi pare che la proposta musicale di Timo sia così originale da poter catalizzare su di essa tutte le attenzioni. L’impressione è che la tecnica e la tecnologia abbiano preso il sopravvento sul cuore e sulle emozioni. Per questo il suo atteggiamento così compassato, quasi distaccato, financo algido, mi dà l’idea dello studente impegnato quel che basta a svolgere il normale compitino o persino dell’operaio alienato dai ritmi ossessivi della catena di montaggio. Senza voler fare paragoni (forse Disko, invecchiando, si sta “illanguidendo”…), ma la genialità e la sensibilità che mi pareva di aver colto in brani come il citato “To Get Down” o “Help Me” (l’attuale singolo in promozione, con la voce di Kelis) non le ho ritrovate in un set-on-stage fin troppo collaudato, del tutto privo di dinamicità, di variazioni sul tema e di un pur minimo simulacro di quell’improvvisazione che ci si potrebbe legittimamente attendere da un evento live.

Ad ogni modo alle 2 e un quarto, puntualissimi, giungono sul palco gli X-Press 2 per chiudere alla grande questo primo segmento del festival. Venerato dagli addetti ai lavori che hanno avuto l’occasione di apprezzare l’intero ultimo album “Muzikizum” ma altrettanto noto ed apprezzato dal grande pubblico grazie al mega-hit “Lazy”, interpretato dall’inconfondibile voce del loro fan più illustre (la “testa parlante” David Byrne), il trio viene definito come il più fulgido esempio di house “eclettica”, capace di spaziare dal pop facilino all’elettronica oscura, dalle atmosfere celestiali ai rumori della civiltà industriale, dai grooves minimali ai ritmi elaborati.

Ma si capisce subito che c’è qualcosa che non va… E qui al commento si sostituisce la pura cronaca: c’è un via vai frenetico sul palco, c’è un Ashley Beedle irrequieto che si toglie e si rimette la cuffia una decina di volte, c’è un tipo con il cappello da cowboy che strilla con Rocky tappandosi platealmente le orecchie. Ed intanto la musica va… Musica… E’ una parola grossa: se nella prima mezz’ora ci fosse una drum-machine (o un metronomo) al posto delle tre statue avvolte dai fumi colorati, nessuno noterebbe la differenza!
I problemi all’impianto tuttavia paiono irrisolvibili (o i capricci delle star paiono implacabili): fatto sta che quando cominciano a levarsi i primi e più che comprensibili fischi, Ashley, Rocky & Diesel piantano baracca e burattini e levano le tende.

Piomba come un falco Santos a coprire il buco e la platea dimostra quantomeno di gradire il sacrificio. L’onda ricomincia ma sono già le 3 e mezza: Disko, avendo una certa età, decide di salutare la compagnia. Senza sapere se, nel frattempo, i tre giovanotti si saranno ravveduti.

Venerdì 6 Settembre (18pm / 5am – ingresso 16 Euro)
> Timo Maas
> X-Press 2
> Richard Scanty
> Avril (Live Set)
> Santos & Mantra Vibes
> Weekandance
> Alex Dandi
> 5th Suite
> Groove Safari

Sabato 7 Settembre (17pm / 5am – ingresso 14 Euro)
> Andy C
> Peshay
> Smith & Mighty (Live Pa)
> Maddslinky (Zed Bias & Dj Rocca)
> Alessio Bertallot (+ Dj Fiore & Dj Aladin)
> Maffia Suound System
> Link Drum’n’bass Arena
> Basebog Camp
> Syncopator (live set)