Pearz e Kuntessa, due “international lovers”

A febbraio è uscito “International Lovers”, nuovo singolo di Pearz (ex Hacienda, Tess Parks) in questo caso feat. Kuntessa, una canzone che spinge su un lato maggiormente pop-soul per Pearz. Abbiamo pensato dunque di farci raccontare questa collaborazione di “due fiorentini a Londra” che hanno ‘partorito’ un brano in doppia lingua, italiano e inglese.

Come vi siete conosciuti e avete deciso di collaborare assieme per questo singolo?

Pearz: Ho conosciuto Caterina tanti anni fa, quando era in attività con i suoi Celluloid Jam. Provenendo entrambi da Firenze, ricordo che rimasi impressionato dal loro sound fresco e dalla voce molto particolare di Caterina. Anche loro si sono trasferiti a Londra più o meno nello stesso periodo in cui mi son trasferito io, e da lì ci siamo conosciuti ancora meglio e frequentati di più. L’idea di collaborare insieme è venuta fuori in maniera molto spontanea visto che stavamo entrambi iniziando a lavorare ai nostri progetti da solisti e, quando ho pensato a chi contattare per questo brano, la scelta di chiamare Caterina è stata la più naturale. Sono molto contento che siamo riusciti a lavorare insieme.

Come mai la scelta del singolo in doppia lingua?

P: Quando ho mandato la canzone a Caterina, volevo che lei fosse libera di scrivere le parole ed esprimersi al massimo senza limitazioni o indicazioni, seguendo così le sensazioni che le dava la musica. Quando mi ha proposto un testo su due persone che si innamorano senza parlare la stessa lingua, e raccontando questa relazione dal suo punto di vista, mi è piaciuta tantissimo l’idea della doppia lingua. Come se, tra strofa e ritornello, questi amanti parlassero tra loro. 

K: Non è stata una scelta fatta a tavolino, perché a Londra io mi esprimo quasi sempre a metà tra italiano e inglese, anche facendo casino con le lingue, anche perché ho tanti amici italiani che vivono qua. Non è stata una scelta ma più “Facciamo questo sketch di fare una cosa metà in italiano e metà in inglese e vediamo che ne esce fuori” e alla fine ci è piaciuto il risultato.

Può esserci appeal per un progetto italiano nel mercato inglese?

P: Può ma dipende come viene promosso, ovviamente. L’italo.disco è un genere che nel mercato inglese ha fatto e fa tuttora breccia, quindi le sonorità italiane funzionano. Non è però semplice farle arrivare al grande pubblico, ma quello è un problema mondiale. Ci sono band italiane come i Nu Genea che comunque hanno mercato qua e stanno facendo ottimi numeri. Quindi ci possono essere margini di crescita anche in Inghilterra per i prodotti di musica italiana. 

K: Questa è una bella domanda… Se si parla di un progetto in lingua italiana, è difficile perché gli inglesi non tendono a seguire canzoni non cantate in inglese con lo stesso entusiasmo. Io faccio anche la dj e nei miei dj set metto tanta musica italiana, spagnola, francese e le reazioni spesso non sono di completo gradimento, magari le persone smettono anche di ballare o iniziano a sfavarsi… Certo, una nicchia si può trovare ma rimane una nicchia. In un progetto come Pearz, quasi tutto strumentale, che la band sia composta da italiani non fa differenza, tanto è la musica che parla. Per il mio progetto Kuntessa, l’essere italiana mi dà una marcia in più perché aggiunge qualcosa alla mia immagine, ma se si parla di mercato e di vendite per artisti italiani qua la situazione rimane molto di nicchia.

Che differenza ci sono tra il vivere e suonare a Firenze e il vivere e suonare a Londra?

P: Firenze, anche se devo sempre sottolineare il fatto che io sono sestese, ha le comodità di casa. Nel senso che gli studi di registrazione costano meno, avevo più tempo a disposizione per provare e suonare (ho fatto solo quello per anni, mentre qua da sempre ho dovuto affiancare altri lavori per far fronte al costo di vita londinese) e alla fine, essendo una città con la popolazione di un ventesimo di Londra, in qualche maniera finisci per conoscere tutti nella scena musicale: dagli addetti ai lavori ai musicisti. Londra essendo una capitale enorme è più brutale nella sua routine, ma ti tiene in costante allenamento con nuova arte, musica e trend che magari arrivano a Firenze con qualche anno di ritardo. L’ideale sarebbe vivere a metà tra le due città. 

K: Non abitando a Firenze da quasi sei anni non ho più grandi connessioni, quindi vado a memoria. Quando abitavo a Firenze la vita stava diventando un po’ troppo comfortable: facevo solo musica, suonavo tutti i weekend, non lavoravo e avevo bisogno di altri stimoli. Avevo bisogno di nuovi stimoli, di prendere nuove ispirazioni, di cambiare aria. 

Ho letto che dopo il lockdown sono stati chiusi molti posti ma ora ne stanno uscendo di nuovi molto interessanti e sono sicura la scena live si riprenderà… Vivere e suonare a Londra è un rapporto di amore e odio, perché ci sono molti stimoli ma la cosa può buttarti giù a momenti… Poi, i concerti non sono ben pagati, a meno che non si compia un un salto reale, e si suona per un minimo sindacale bassissimo, però la città ha una scena musicale attivissima con tantissime opportunità per suonare…A me fa molto piacere tornare a suonare in Italia, infatti ci tornerò ad aprile e annuncerò qualche data a breve (per adesso, 6 aprile a Roma).

Come si sono evolute amicizia e feeling artistico tra voi dopo il trasferimento?

P: Si sono evolute molto da quando entrambi viviamo a Londra, visto che abbiamo molti amici in comune, viviamo in zone vicine e abbiamo anche iniziato a focalizzarci sui progetti musicali individuali quasi allo stesso momento. A Firenze ci conoscevamo ma eravamo in giri differenti. E’ molto bello adesso vedere il percorso artistico che sta facendo Caterina e avere così tanti punti di contatto e di scambi di punti di vista artistici.

K: Si sono evolute in meglio, dato che prima ci conoscevamo di vista. Essendo donna, trovavo difficile inserirsi nella scena musicale fiorentina dell’epoca prevalentemente composta da uomini. C’era sempre stima reciproca tra noi, ci si vuol bene, e adesso che viviamo a Londra ci siamo trovati sempre di più. Abbiamo amici in comune e  abbiamo trovato lo spazio per questa collaborazione.  “International Lovers” è stato il nostro baby, spero vi piaccia!

(Paolo Bardelli)