Si tratta di alcune altalene costruite e collocate a metà tra il famigerato muro che separa gli Stati Uniti d’America dal Messico e che, così strutturate e posizionate, permettono il loro uso ai bambini sia da una parte che dall’altra: ideale, giocoso collegamento resiliente che però nemmeno l’arte può rendere legale, permanente, liberato: ma è un segno, di sdegno e riflessione su una questione di difficile risoluzione se privata di una visione a lungo termine, mondiale e concordata.
L’opera, titolata Teetertotter Wall e iniziata progettualmente nel 2009, è stata concretizzata sulla spinta di un’opposizione allo sblocco dei finanziamenti sull’implementazione del muro, voluta da Donald Trump e accordata dalla Suprema Corte americana, e ha preso corpo come performance di ampia adesione, Install/Azione di Inter/Azione indubbiamente politica ma non didascalica perché poetica ed evocativa: affonda le radici nella memoria collettiva infantile, domestica, affettiva e globalmente condivisa; su queste basi positive è concepita come dispositivo spiazzante e disturbante proprio per il fatto di essere stata originata per quel posto e messa lì: tra gli Stati Uniti e il Messico.
V’è un efficace rapporto tra ludico e reale (cupo!) e questo lavoro, così congegnato, palesa un equilibrio tra forma e contenuto, tra Estetica ed Etica che – anche grazie al colore rosa delle altalene e alla loro semplicità e leggerezza – amplifica l’osservazione e il giudizio negativo sulla brutalità e disumanità di una simile muraglia, sui confini.
L’arte, così, apre una prospettiva non omologata sul mondo: qui ci fa riflettere sull’impedimento della libera circolazione delle persone in difficoltà, al contrario di quanto si fa con le merci, con armi, droga, nuova schiavitù e danaro sporco…; insomma: Teetertotter Wall è un monumento – ma antimonumentale! – contro le divisioni oggi innalzate senza lungimiranza né un progetto per il futuro che affronti e risolva il problema migrazione.
Ronald Rael, che vive a Oakland, sente fortemente il peso di tale argomento come persona, architetto, intellettuale, artista e, cresciuto nell’alto deserto alpino della remota San Luis Valley del Colorado, l’antica frontiera tra gli Stati Uniti e il Messico prima del 1848, dove prosperano ancora i suoi antenati, i discendenti di quella terza nazione, non poteva non dare un suo incisivo contributo: lo ha fatto con l’aiuto di tanti, perché da sempre “l’unione fa la forza” e “la libertà è partecipazione”; così, sul suo profilo Instagram, ringrazia i tanti che hanno collaborato a questa messa in campo artistica:
“Un incredibile grazie a tutti coloro che hanno reso possibile questo evento come Omar Rios @ colectivo.chopeke per aver collaborato con noi, i ragazzi di Taller Herrería a #CiudadJuarez per la loro raffinata maestria, @anateresafernandez per l’incoraggiamento e il sostegno, e tutti coloro che si sono presentati su entrambi i lati tra cui le bellissime famiglie di Colonia Anapra e @kerrydoyle2010, @kateggreen, @ersela_kripa, @stphn_mllr, @wakawaffles, @chris_inabox e molti altri “.
L’installazione è stata definita dallo stesso autore:
“evento pieno di gioia, eccitazione e solidarietà al confine. Il muro è diventato un fulcro letterale per gli Stati Uniti – le relazioni con il Messico e i bambini e gli adulti sono stati collegati in modo significativo da entrambe le parti con il riconoscimento che le azioni che hanno luogo da una parte hanno una conseguenza diretta dall’altra parte.”
Fate attenzione: quest’opera non nasce a caso perché Rael e il suo studio lavorano da tempo sui temi dell’emergenza abitativa, della sostenibilità, dell’ecologia e di principi etici; Teetertotter Wall.A Manifesto for the U.S.-Mexico Boundary (ISBN: 9780520283947), 2017, non è, quindi, solo una brillante, episodica reazione visiva e concettualistica al muro ma si pone all’interno di una più ampia analisi e presa di posizione su un’emergenza e una necessità dei popoli in spostamento che il libro Borderwall as architectura dello stesso Ronald Rael testimonia e sostiene.