The Comet Is Coming, Santeria Toscana 31, Milano, 11 maggio 2019

Che tutte le robe più fighe uscite ultimamente abbiano come denominatori comuni il fatto di essere inglesi e di essere jazzy, Shabaka Hutchings lo sa bene e nonostante sia ancora relativamente giovane (35 anni) ha capito che è questo il momento di calcare la mano e di imbarcarsi in più progetti possibili, prima di venire scalzato dai sempre più numerosi 16enni che fortunatamente iniziano a fare musica imbracciando un sax anziché l’autotune o una consolle per mixare. I Sons Of Kemet, che possiamo definire il core business di Shabaka, sono stati celebrati come una delle realtà jazz migliori del 2018 grazie a quell’album dal suono primitivo e free che è Your Queen is a Reptile. I suoi Anchestors, frutto delle sue esplorazioni sonore in Sud Africa, rappresentano la compagine più spirituale e classica del sassofonista, quella preferita dagli amanti dei suoni jazz più standard ed infatti la band aveva attirato fin da subito l’attenzione di Gilles Peterson tanto da uscire sulla sua Bronswoos Records.
I Comet is Coming sono la terza anima di Shabaka, quella invece contemporanea ed elettronica, l’unico dei tre progetti in cui lui non figura come frontman, anzi è l’ultimo arrivato nel trio e lo si vede da come si comporta sul palco del Santeria di Milano, in uno dei due concerti italiani organizzati dal Jazz: Re Found dopo l’uscita a marzo di Trust In The Lifeforce of The Deep Mistery. Il leader del gruppo, quello al centro della scena, è Dan “Danalogue” Leavers: è lui che, sovrapponendo i suoi synth ed i bassi alla batteria di Max Hallett, crea il peculiare punto di incontro tra rock psichedelico, nu jazz e un’attitudine particolarmente tamarra, quasi techno, palesata fin dalla canottiera da raver in botta con cui si presenta sul palco. Leavers è anche quello che prende il microfono per parlare nelle due brevi interruzioni in mezzo all’esibizione agonistica dei Comet is Coming per ricordarci, tra un sermone allucinato e un altro sui “confini che esistono solo nella nostra testa” e un altro sull’unità tra esseri umani, che la Brexit fa schifo anche a loro, nel caso avessimo avuto dei dubbi. Shabaka sta sul lato, defilato e sorridente, con uno spazio di qualche chilometro tra gli incisivi che fa subito simpatia, nonostante la forza bruta che spara dentro il sax. Non è qui per lo spoken word politico caratteristico di alcuni pezzi dei Sons Of Kemet, ma solo per fare sviaggiare il pubblico che affolla la venue di Milano con i suoi assoli sopra basi sintetiche e pulsanti, e soprattutto con temi epici che entrano nella testa dopo pochi secondi di ascolto, come quelli di Summon The Fire e Birth Of Creation, dall’ultimo album.

Di esibizione agonistica si parlava non a caso, perché i tre inglesi si concedono solo due break tecnici in un’ora e mezza di live tiratissimo che affatica in primis, e non certo per noia, gli spettatori. E’ jazz sotto MDMA (forse nel vero senso della parola, a giudicare dalle facce di Danalogue), improvvisazione a suon di anfetamine più vicina ad una discoteca che al conservatorio, e provare a starci dietro da sotto il palco è un’esperienza che sfianca facendoti uscire realmente provato, come se un po’ avessi suonato anche tu. Dopo aver presentato nella quasi totalità l’ultimo album e alcuni estratti dall’altrettanto valido (se non di più, per alcuni) Channel The Spirit del 2016, i Comet is Coming si solo lanciati in più di mezz’ora di jam psichedelica letteralmente senza sosta, una di quelle rare performance musicali così evocative che se distrattamente chiudi gli occhi per qualche secondo vedi la vita che ti passa davanti, lo spirito dei tuoi antenati, il futuro, l’arcobaleno e tutto prende senso per qualche minuto, come sotto l’effetto dell’ipnosi di un medium. Poi finisce il live torni ad essere il solito stronzo che fuma fuori dal Santeria in Viale Toscana, ma ne è valsa la pena, no?

Se i molteplici progetti di Shabaka Hutchings stanno ispirando, come sembra, una nuova generazione di musicisti jazz britannici e non solo (vedesi il gruppo in apertura, i milanesi Studio Murena: bravi!) ben venga, abbiamo bisogno di altre sedute spiritiche.

(Stefano D. Ottavio)