FOALS, “Everything not saved will be lost pt. 1” (Warner Music Uk, 2019)

A ridosso degli anni ’20 del nuovo millennio abbiamo assistito ad un cambio di linea totale per quanto riguarda il panorama musicale alternativo. Se i primi anni erano caratterizzati da compagini di artisti muniti di chitarre e amplificatori, la nuova guardia ha scelto beat incalzanti e autotune per ritagliarsi la sua fetta di mercato che ha poi subito una crescita esponenziale.
In questo passaggio, le vittime e i feriti sono stati molteplici, anche in terra di Albione, patria di quell’indie rock da classifica che sembrava essere la “next big thing” per sempre. I Foals per fortuna, tagliando e incollando spunti dal presente e dal passato, hanno saputo mantenersi in piedi e stanno provando a farlo con un progetto ambizioso.
“Everything not saved will be lost pt.1” è la prima parte di un concept diviso in due parti (la seconda probabilmente arriverà negli store intorno a novembre) che in molti aspettavano. Dopo la prova che personalmente valuto quasi incolore di “What Went Down” (un disco acccettabile, ma che non regge il confronto con il magistrale “Holy Fire”), la band di Oxford riparte con la solita vecchia formula fatta di suoni dreamy accostati a ritmi serrati che solleticano anche i fan del math-rock.

Il disco inizia con “Moonlight”, leggera e sognante, con la voce di Yannis Philippakis ad indicarci la via ritrovata (“Be lightweight when I roam”). La strada battuta è quella che percepiamo in “Exits”, con il ritmo che ricorda il sound del primo “Antidotes” per i continui start & stop e il beat sincopato. Si prosegue spediti sempre sulla stessa strada con “White Onions” che inasprisce i toni e rende il tutto quasi claustrofobico.
Ma è con “In Degrees” che notiamo come la band di Oxford si sia adattata per strizzare l’occhio al mercato attuale, un pezzo quasi dance che ricorda la scena di Manchester sul finire degli anni ’80 e che molto probabilmente vedremo remixato da qualche esperto del settore (i Foals si sono sempre prestati molto bene a questo genere di cose, vedi i vari remix di Solomun).
“Syrup” e “On The Luna” sono il perfetto mix di queste due correnti sopracitate: ritornelli catchy e linee ritmiche che sfidiamo chiunque a non seguire col piede durante l’ascolto.
Se però siete tra i fan di “Total Life Forever” (2010), con i suoi suoni iperdilatati, la chiusura del disco è quello che stavate cercando: “Sunday” prima scioglie il cuore e poi lo sminuzza finemente passando da ballad a bomba elettro dove il cantante di origini greche riesce a imporre il marchio di riconoscimento in un mare di gruppi che spuntavano e sparivano anni addietro, mentre “I’m done with the world (& it’s done with me)” strizza l’occhio agli Snow Patrol e simili, essendo caratterizzata dal pianoforte al centro con una spruzzata di suoni eterei a permetterci di sognare ancora un po’.

Dopo diversi anni di silenzio sembrava quasi che “What Went Down” sarebbe stato il canto del cigno di una band e di un genere che molto doveva ai trend degli anni passati. Beh, ci si deve ricredere: i Foals sono ancora vivi e hanno ancora qualcosa da dire, sperando che non sia alla fine, una semplice illusione.

69/100

(Riccardo Ricci)