[#tbt] Le confessioni degli Style Council da “pop group”

Nell’estate del 1988, dunque vent’anni fa, mi capitò di acquistare una cassettina sulla base di un singolo che mi piaciucchiava, sto parlando di “Confessions of a Pop Group” degli Style Council. Fu un’emerita fregatura. L’album è diviso in due parti o, meglio, in due lati differenti: il primo lato (“The Piano Paintings”) con brani ispirati al jazz e alla musica classica, e il secondo lato con un suono pop-funk raffinato come era di moda in quegli anni, e sto parlando di gruppi come Swing Out Sister e Matt Bianco che venivano propinati dalle radio ma avevano un discreto seguito anche in seguaci di sonorità più ruvide.

Ascoltai e riascoltai quell’album, perché un ragazzino ha pochi soldi da spendere e se lo fa deve massimizzare l’acquisto o quanto meno ammortizzarlo (questo porterebbe a fare un ragionamento sull’importanza che si dà alla musica oggi quando si può senza impegno ascoltare un qualsiasi album senza che cambi la tua spesa mensile a Spotify o Deezer, per cui l’ascolto può essere conseguentemente più distratto), ma non mi entrò dentro. A distanza di tempo lo posso dire, e dico una banalità: anche quell’ascolto forzato e ripetuto di una cosa che, in fondo, non mi piaceva è servito. Perchè mi ha fatto capire cosa non amavo all’interno di un genere (il pop) che invece frequentavo.

Tutto serve, e alle volte le esperienze negative aiutano anche di più.

E, comunque, quel singolo riascoltato oggi continua a non essere malaccio. Tanto oggi è gratis.

(Paolo Bardelli)