THE ROLLING STONES, “On Air” (Interscope, 2017)

Sui Rolling Stones è stato detto e raccontato praticamente di tutto. Mick Jagger e Keith Richards sono sopravvissuti a se stessi: la più grande rock and roll band di tutti i tempi e che ancora oggi, a distanza di più di cinquanta anni dalla pubblicazione del primo LP, raduna migliaia di persone ad ogni concerto. Praticamente la celebrazione di un rito collettivo e che va anche oltre quella che è la performance musicale in senso stretto. Un vero grande show. Ma potremmo dire del resto lo stesso della vita “privata” di Mick e Keith, come di quelle di Roon Wood, Charlie Watts e prima di Bill Wyman e soprattutto del compianto e geniale Brian Jones. Controcultura pop: da una parte il simbolo della protesta di intere generazioni, dall’altro il mito degli eccessi. Il sesso, la droga, il rock and roll. Sicuramente hanno guadagnato e continuano a guadagnare un mucchio di soldi. Ma proprio avere spinto questa contraddizione all’estremo non ha fatto e non fa altro che accrescere e alimentare il mito.

Chiunque sia appassionato alla musica degli Stones e in particolare alla storia della musica rock non potrà che riconoscere il valore artistico e anche storico di “On Air” (Interscope), una compilation pubblicata lo scorso primo dicembre, che raccoglie performance live e in studio (32 in totale) della band per diversi show radiofonici della BBC tra il 1964 e il 1965. Il contenuto è per lo più costituito da cover dei vari Bo Diddley, Chuck Berry, Muddy Waters, Salomon Burke, Wilson Pickett… ma c’è spazio anche per alcune delle prime hit scritte da Jagger/Richards: “(I Can’t Get No) Satisfaction”, “The Spider and the Fly”, “The Last Time” e “Little By Little”. Da segnalare che otto tracce (tra cui “Memphis, Tennessee” di Chuck Berry e “Ain’t That Lovin’ You Baby” di Jimmy Reed…) non erano mai state diffuse e pubblicate fino ad oggi.

La qualità del contenuto di questa raccolta è chiaramente molto alto e racconta un pezzo di storia degli Stones, prima di quella che possiamo considerare la svolta con la pubblicazione di “Aftermath” (aprile 1966). Il passaggio da quella fase embrionale in cui Keef e Brian Jones (come raccontato in maniera dettagliata dallo stesso Richards nella sua autobiografia “Life”, 2010) ascoltavano a ripetizione i dischi di musica blues cercando di rubare i “colpi” ai loro grandi maestri e quando gli Stones si esibivano ancora in piccoli locali con un palco così piccolo dove Mick si muoveva in una maniera sinuosa e carica di ipnotismo come non avrebbe mai più fatto nel corso della sua esistenza; poi l’arrivo dello storico manager Andrew Loog Oldham che lanciò la band come l’alternativa “sporca e cattiva” dei Beatles. Il resto è storia. Come diceva quella frase.

“Would you let your daughter go with a Rolling Stone?”

79/100

(Emiliano D’Aniello)