ALEX LIPINSKI, “Alex” (A Recordings, 2017)

I complimenti più importanti a Alex Lipinski sono arrivati direttamente dal suo producer e mentore Anton Newcombe che ha segnatamente detto del suo ‘protetto’: ‘Alex è un giovane con cui è valsa la pena lavorare e dedicare il mio tempo e tutto il mio impegno. Apprezzo il suo modo di lavorare e la sua etica. Continua su questa squadra, le tue canzoni hanno quella qualità speciale che è tipica della musica senza tempo.’

Il giovane Alex Lipinski si può considerare come uno dei nomi nuovi (il suo primo LP, ‘Lonesome Train’, è infatti uscito nel lontano 2010…) nel panorama della musica folk europea. Nato a Weston-super-Mare nel Somerset, Inghilterra, lungo il Canale di Bristol, il giovane Alex ha una natura selvaggia e che lo ha portato negli ultimi anni a girare per l’Europa e in particolare per l’Inghilterra, fino a trasferirsi a Londra. Entrato in contatto con il caro vecchio ‘Bonehead’, lo storico chitarrista degli Oasis, per un periodo suona nella sua band, i Phoneys & The Freaks, prima di ritornare a vivere a Weston. Il suo secondo LP si inititola ‘Alex’ ed è stato registrato da Alex in compagnia del fratello maggiore Adam e con la collaborazione di Anton Newcombe nei suoi studi a Berlino. La stessa etichetta di Anton, la A Recordings, ha successivamente pubblicato il disco, che è uscito lo scorso 20 ottobre.

‘Alex’ è un disco sostanzialmente acustico. Le dieci canzoni del disco hanno tutte quante per lo più arrangiamenti minimali, ma non per questo poco efficaci oppure in qualche maniera ‘ruvidi’ e poco attenzionate, e tutte quante in qualche maniera pagano pegno alla tradizione folk psichedelica degli anni sessanta. Un background storicamente molto considerato proprio dallo stesso Anton Newcombe.

La stile di Alex è uno stile asciutto e che non lascia spazio a interpretrazioni. Nel disco si alternano pezzi dal suono più ‘sostenuto’, come il blues di ‘Going Nowhere’, ‘Sophie’s Song’ oppure ‘Lonely Kind’ (che ha qualche eco proprio di certi BJM acustici del primo periodo); ballate come ‘Carolyn’ o ‘Travellin’ Song’ e momenti che ricordano in maniera particolare la scrittura e il suono di Donovan (‘Dandylion Blues’, ‘Come On People’, ‘This Girl’). I momenti migliori però sono probabilmente ‘Hurricane’ e ‘The Devil You Know’, quelli che praticamente esaltano oltre che la scrittura carica di inventiva di Alex (che mette alla base del suo immaginario le opere di George Orwell e di Aldoux Huxley, oltre chiaramente Bob Dylan), anche le sue capacità di interprete e che lasciano intravedere del potenziale anche per quello che potrà riguardare il suo futuro, se continuerà a camminare su quella ‘retta via’ già richiamata da Anton Newcombe.

Emiliano D’Aniello

67/100