Toy, Firenze, Glue, 25 febbraio 2017

I Toy, già copertina del mese – a novembre 2016 – sulle nostre pagine, sono stati in tour in Italia. Dopo la gallery del concerto al Bronson di Ravenna, il live report – a quattro mani – del live al Glue di Firenze.


Le sottili differenze tra un semplice ‘concerto’ ed un ‘evento’ possono sembrare piccole, cazzate, impalpabili, ma non dovrebbero essere sottovalutate.
L’elettricità che c’è nell’aria prima di quelli che chiamiamo ‘eventi’, momenti destinati a restare nella testa più dei tanti concerti più o meno grandi che vengono proposti ogni settimana, è qualcosa di unico e che lascia solo presagire la calma prima della tempesta.
Questa stessa elettricità si avvertiva Sabato 25 Febbraio al Glue di Firenze; il motivo, ovviamente, l’agognato concerto dei Toy. Ad aspettare il quintetto londinese una piccola folla di gente entusiasta, accorsa nonostante la promozione non asfissiante e la posizione non troppo comoda del locale.
Nonostante questo i fiorentini, probabilmente anche ‘preparati’ dalla scena r’n’r/psichedelica che spinge dal basso con una programmazione costante di band locali, italiane ma anche europee ed americane, hanno colto di buon grado l’opportunità di vedere dal vivo il gruppo britannico, il cui ultimo lavoro in studio “Clear Shot” è stato uno dei dischi rock più belli del 2016.
Aperti dai piacevolissimi The Yellow Traffic Light, i Toy salgono sul palco con l’urgenza di prendere in mano gli strumenti, ed è subito magia. Le melodie ipnotiche, la potenza sonora, l’energia della martellante sezione ritmica. Bastano cinque minuti per entrare nel mondo parallelo dei Toy e rimanerne completamente succubi, tanto che la prima ora di concerto vola in un lampo, rapiti dal magnetismo del cantante Tom Dougall (gemello dark del nostrano Motta) e dall’adrenalina contagiante di Maxim Barron, bassista e vero showman del gruppo.
La scaletta non risparmia poi diverse concessioni ai primi due LP del gruppo, creando un vero e proprio viaggio sonoro, guidato alla perfezione dai cinque inglesi, animali da palco che non lasciano assolutamente niente al caso, mantenendo il totale controllo dello show per l’ora e mezzo (circa) di durata.
Forse proprio questo, in realtà, potrebbe essere unico dei pochi (l’unico?) difetto da attribuire ai Toy; nel corso della serata non avrebbe certo stonato qualche deriva caotica e pienamente psichedelica.
Nonostante questo, dall’inizio con la cavalcata post-punk-psych di ‘Cinema’ (curiosamente in principio di scaletta, ma in coda al disco) fino al culmine -quasi- finale di ‘Another Dimension’, singolo di punta e pezzo più melodico e luminoso dell’intera serata, il quintetto britannico ha dato a tutti più di una lezione: di songwriting, di impatto live, di stile.
I Toy lasciano il palco del Glue dopo un veloce encore, salutati da un’ovazione. L’unico pensiero, alla fine, è che tornino di nuovo presto da queste parti, perchè ogni tanto abbiamo bisogno di uno show perfetto come i Toy sanno fare.

(Matteo Mannocci)


Sabato 25 febbraio al Glue, locale fiorentino in zona Stadio, si è respirata un’atmosfera particolare, di quelle che non capita di vivere spesso. Un locale popolato, pubblico che si diverte e musicisti – gli inglesi Toy – immersi totalmente in una dimensione sonora, personale e coinvolgente. Sulla carta l’effetto déjà-vu potrebbe essere dietro l’angolo – quante volte succede con i cosiddetti gruppi della neopsichedelia anni duemila – ma non lo è (mai), per tutta la durata del concerto la band londinese ripropone l’immaginario sonoro, eterogeneo ed immaginifico, tratteggiato nelle dieci tracce di “Clear Shot”, ultimo e terzo album del quintetto, riproposto per intero in sede live (fatta eccezione per “We will disperse” e “Spirits don’t lie”) : le canzoni (non in senso stretto) dei Toy assumono mille sfumature – dalle atmosfere eteree, in bilico tra soundtrack music e riverberi (alla My bloody valentine), di “Cinema” alle nevrosi cosmiche di “Kopter” e “Join the dots” – muovendosi su più coordinate sonore – kraut, psichedelia, shoegaze, post punk – ed evitando di focalizzarsi su un unico universo musicale perché alla base dell’esibizione del gruppo – Tom Dougall (voce, chitarra), Dominic O’Dair (chitarra), Maxim Barron (basso), Charlie Salvidge (batteria) e Max Oscarnold (tastiere – sostituto di Alejandra Diez) – c’è una chiara voglia (assolutamente palpabile) di rimescolare le carte in tavola ad ogni brano (e non solo), è il caso di “Fast Silver”, che comincia con un intro similspaghetti western – Morricone è una delle ispirazioni dichiarate della band (si legga la bella intervista alla band su The Line of best fit) – ma si sviluppa in vampate leggiadre dream pop. In più, rispetto agli arrangiamenti da disco, dal vivo i pezzi hanno una struttura dettata, in parte (ma non del tutto), ma dall’improvvisazione serrata della sezione ritmica (basso, due chitarre e batteria). Caratteristica quest’ultima – l’impronta da jam band – che è un valore aggiunto nel suono d’insieme della gruppo, in continuo divenire e che non vuole essere accostato alla sola ed unica etichetta di “musica psichedelica”.

(Monica Mazzoli)

Scaletta :
Cinema
I’m still believing
Kopter
Fast Silver
Fall out of love
Clouds that cover the sun
Dream orchestrator
Heart skips a beat
Clear Shot
Motoring
Jungle Games
Left myself behind
Another Dimension
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