NOTHING, “Tired of Tomorrow” (2016, Relapse)

7552944471b69a398fdc026ff7bb7519Quella dei Nothing è una storia -musicale – che non può essere letta a prescindere dalla storia -personale – del frontman della band, Nicky Palermo. Come molti di voi sapranno, il chitarrista e cantante dei Nothing faceva parte di una hardcore punk band, gli Horror Show, prima di venire arrestato per tentato omicidio.

Quindi la galera da scontare, i lutti, la depressione che arriva e cerca di mangiarsi ogni cosa. Un copione già sentito più volte, che non lascia tanto spazio a finali al miele. Nicky Palermo invece è riuscito a combattere la sua depressione trasformandola in un falò di musica onirica e meravigliosa, dove bruciare i fantasmi dei propri incubi e dei fallimenti, per poi rinascere.

Il primo disco dei Nothing, “Guilty of Everything” (uscito nel 2014 sempre per Relapse) era un concentrato (meravigliosamente) cupo e angosciante, un disco senza luce, pieno di rabbia e paure.
A tre anni di distanza, il gruppo shoegaze torna con “Tired of Tomorrow”, un disco che segna una profonda crescita, sia dal punto di vista artistico-compositivo, che dal punto di vista ‘umano’. Quanto “Guilty of Everything” era buio ed angosciante, il secondo LP della band appare positivo ed ottimista.

Un processo di catarsi evidente che si può sentire chiaramente nelle dieci canzoni che riempiono il disco, luminose anche se non perdono gli sprazzi hardcore che caratterizzavano l’esordio, e che esplode nella conclusiva title track, dove pianoforte ed archi rubano la scena a chitarre, bassi e batteria per accompagnare la voce sognante di Dominic.

Non mancano i pezzi da 90, come “The Dead are Dumb”, la pesantissima “A.C.D. (Abcessive Compulsive Disorder)”, l’introspettiva “Nineteen Ninety Heaven”, la più cupa “Eaten by Worms” e la già citata “Tired of Tomorrow”.
Quella dei Nothing è una musica potente, e non solo perché si confermano uno dei migliori gruppi rock al mondo di questi anni. Potente perché ci costringe a confrontarci con noi stessi e con le parti di noi che non vorremmo vedere, un flusso ancora prima che di musica di emozioni vere, forti, fin troppo umane. E che a volte possono spaventare. Altre possono invece essere meravigliose.

86/100

(Matteo Mannocci)