Flow Festival Helsinki 2016, la Top7 dei live da non perdere

Flow Festival 2015 Saturday 15th of August 2015 (c) Jussi Hellsten www.jussihellsten.com www.facebook.com/jussihellstenphotography

foto: Jussi Hellsten

Iggy Pop. I Massive Attack insieme agli Young Fathers. I New Order. Jamie XX, The Last Shadow Puppets, M83. Savages, Four Tet, Floating Points, Sleaford Mods. Il nuovo progetto di Antony Hegarthy, Anohni, Thee Oh Sees, Daughter, Chvrches, Holly Herndon, Hercules & Love Affairs.
Sono questi i grandi protagonisti della prossima edizione del Flow Festival di Helsinki, di cui già vi avevamo parlato l’anno scorso (qui e qui). Con un cartellone del genere era difficile resistere alla tentazione di tornarci, e infatti abbiamo ceduto: saremo in Finlandia anche questo ferragosto, pronti a raccontarvi uno dei festival più belli d’Europa.

A questo proposito, abbiamo deciso di stilare una lista di live da non perdere: non ci troverete nessuno dei nomi scritti di sopra, perché è ovvio che quelli non ce li perderemo. Troverete anzi proposte più ricercate, o semplicemente nomi che seguiamo con molta curiosità.

#7. Paula Temple

Non è certo un sound accessibile a tutti quello di Paula Temple: la sua è una techno potente, ansiogena, a tratti oscura. La producer inglese non è infatti una che va per il sottile, e negli ultimi anni il suo stile senza compromessi le ha permesso di esibirsi sui palchi più importanti del suo panorama, dal Movement Detroit al Convergence Festival di Londra. Consigliata agli amanti delle sperimentazioni, dell’avanguardia, ma anche del dark e industrial anni ’80, genere al quale la Temple deve moltissimo, per sua stessa ammissione.

#6. Rooxx

Dietro al moniker Rooxx c’è il finlandese Jori Sjöroos: un nome che a noi non dice praticamente nulla, ma che in Finlandia conoscono in molti per aver partecipato o preso parte a numerosi progetti interessanti, tutti a che fare con l’elettronica. “Breathe In” è il primo brano attribuito a Rooxx, e si fa notare per la commistione di voci e cori caldi e synth glaciali.

#5. Liima

Dei Liima vi abbiamo già parlato (qui la recensione del loro primo disco, uscito per la 4AD), ma vale la pena ripetersi: sono senza dubbio una delle uscite discografiche più interessanti dell’anno trascorso fino ad ora. Anche qui il sound prende ispirazione dell’industrial e dall’elettronica, assumendo però tinte a tratti più calde. Qualche paragone più o meno azzardato: un po’ Liars, un po’ Animal Collective.

#4. Voices From The Lake

Se c’è anche un po’ di Italia al Flow Festival lo dobbiamo ai Voices From The Lake, il duo electro-sperimentale formato Giuseppe Tillieci (aka Neel) e Donato Scaramuzzi (aka Donato Dozzy). La loro proposta spazia dall’ambient alla techno, mantenendo sempre un livello di ricerca ed eleganza molto alto. Sarà bello urlargli “ciao!” da in mezzo alla folla.

#3. Death Hawks

Sono finlandesi, ma del suono tipicamente nordeuropeo hanno ben poco. I Death Hawks sono una band psichedelica che ha tutte le carte in regola per farsi notare anche al di fuori dei confini nazionali. Tre dischi all’attivo, tutti accomunati da un sound a tratti onirico, a tratti lisergico. Per gli amanti del genere, sicuramente un nome da tenere d’occhio.

#2. Anderson .Paak

Altro che nicchia: Anderson .Paak è già oggi uno dei nomi più importanti di questo 2016 musicale. Il suo sound ha tutto quello che serve per essere cool in questo momento: una voce calda, vicina al soul e all’r’n’b, che si adagia su beat hip hop dalle atmosfere smaccatamente 90s. Il suo ultimo album “Malibu” è forse il disco della consacrazione, capace di affascinare e soddisfare i palati più disparati: dagli amanti dell’old school rap ai nuovi frequentatori del genere (come me, ad esempio).

#1. Ata Kak

Il nome di Ata Kak è stato per molti anni qualcosa di simile ad una leggenda, un nome senza un volto. La sua storia ha dell’incredibile: di origine ghanese ma residente a Toronto, nel 1994 pubblica “Obaa Sima”, una cassettina che vende tre (tre!) copie. Da lì, il silenzio. Ata Kak è solo uno pseudonimo, e del producer si perdono presto le tracce. A metà degli anni 2000, un blogger newyorchese appassionato di musica africana (Brian Shimkovitz) scopre quella cassetta, e da lì a poco il nome di Ata Kak comincia a circolare nei circuiti underground di webzine e siti musicali, nonostante incredibilmente non si conosca ancora chi realmente sia. Un paio di anni fa Shimkovitz riesce a rintracciare il producer africano che tanto ammira: è Yaw Atta-Owusu, ghanese, classe 1960. Insieme finalmente ridanno alle stampe quella gemma che è “Obaa Sima”, un coloratissimo concentrato di hip-pop, soul, e discomusic. Qui sotto il full streaming.
(occhio: Ata Kak arriva unica data in Italia al Beaches Brew!)