YO LA TENGO, “Stuff Like That There” (Matador, 2015)

ylt2Dopo trent’anni di onorata carriera gli Yo La Tengo non hanno più nulla da dimostrare. Quel che dovevano fare, l’hanno fatto. E piuttosto bene, anche.
E allora ben venga questo “Stuff Like That There”. Album che alterna cover, rivisitazioni di pezzi self-made e inediti. Due, per la precisione: “Rickety” e “Awhileaway”. Un po’ pochini ma, del resto, lo sapevamo e lo ripetiamo: Ira, Georgia e James non hanno più nulla da dimostrare. Il loro contributo alla storia del rock l’hanno dato. Ed è ora giunto il tempo di rilassarsi. Magari attraverso il suono tenue, delicato e spensierato che attraversa “Stuff Like That There”; gemello di quel “Fakebook” che già venticinque anni fa alternava cover e brani originali. Ah si… per l’occasione, alla chitarra, è tornato Dave Schramm: della serie “chi non muore si rivede”.

E allora, che dire? Dove sono le ballate à la Velvet Underground, le immersioni psichedeliche e gli squarci shoegaze? Semplicemente non ci sono. “Stuff Like That There” è un disco omogeneo; folk-oriented, con poche eccezioni. Una punta di psichedelia la si può giusto assaggiare in “The Ballad of Red Buckets”, guarda caso uno dei pochi brani originali inseriti nell’album (gli altri due sono “All Your Secrets” e “Deeper Into Movies”).
Le cover spaziano da “I’m So Lonesome I Could Cry” di Hank Williams a “Butchie’s Tune” dei Lovin’ Spoonful; da “I Can Feel The Ice Melting” dei Parliements a “Friday I’m In Love” Cure. Quest’utlima, probabilmente, l’unica traccia well-known dell’album. Un album forse misurato e monocorde, ma diamine… sempre degli Yo La Tengo si tratta. A rispolverare “May I Sing With Me” e “I Can Feel The Heart Beating As One”, del resto, ci vuole un attimo.

65/100ylt2