dEUS, “Keep You Close” (Pias, 2011)

La nostalgia per il passato è un demone che ti rincorre e anche la musica non sfugge a questa logica, specie in tempi di retromania spinta che attanaglia l’ascoltatore che si culla nel suo mondo di certezze senza spingersi a cercare quel che c’è fuori. Allo stesso modo, affrontare l’idea di un cambiamento secco all’interno di uno stesso percorso è quanto mai difficile se si pensa ai fasti dei momenti che furono, e l’incapacità di accettare un presente meno lucente è un muro contro cui ci si schianta spesso senza cinture. Un discorso che per Tom Barman e soci sembra calzare a pennello.

Gli anni Novanta della rivoluzione belga sono distanti quasi quattro lustri e l’ensemble di Anversa, che tanto fece parlare di sé per la sua sapiente miscela di rock che strizzava l’occhio a contaminazioni di generi, è oggi un oggetto che la critica fa fatica a trattare come il caso imporrebbe. Da un lato, l’oggettivo rispetto per un progetto che tanto ha saputo dare fa indossare sempre un bel paio di guanti di velluto; dall’altro, la reticenza a scindere il presente da ciò che è stato sembra materializzarsi ogni volta che il gruppo torna a far parlare di sé. Sarebbe più che mai il momento di scrollarsi di dosso certi ricordi e guardare finalmente avanti dal momento che, nonostante i reiterati paragoni con la line up di allora, i dEUS post-2000 sono stati – e sono ancora – una formazione robusta che ha messo da parte l’eclettismo per dar spazio a un’anima pop pronta a spaziare tra atmosfere riflessive e squarci elettrici, con risultati molto più che dignitosi. A maggior ragione, se pensiamo che ”Keep You Close” sia il terzo album di questa nuova formazione – tanti quanti ne hanno pubblicati i dEUS di allora – non li si può non considerare come un progetto più che mai attuale.

Classe, raffinatezza, compattezza. Tre parole per descrivere questo nuovo lavoro nuovamente significativo nell’ottica di un percorso che, nonostante gli alti e bassi, riesce sempre a risultare credibile episodio dopo episodio. Del piglio talvolta scanzonato di ”Vantage Point” – che regalava ottimi momenti alternati a passaggi a vuoto (specie verso la fine) – non si ascoltano che echi lontani, rimpiazzati da un campionario di idee che rende l’ultimo lp decisamente coeso: i dEUS sembrano trasportare su disco quella perfetta amalgama che caratterizza i loro concerti, e si sente. Non siamo di fronte a un collage di pezzi che prendono più direzioni né, è d’obbligo specificarlo, ad una rivoluzione che fa gridare al miracolo: è nella tenuta d’insieme, però, che i fiamminghi decidono di impostare la loro strategia e attraverso questo sentiero vanno dritti a bersaglio. ”Keep You Close”, a partire dall’omonima traccia d’apertura, gioca costantemente tra passaggi in cui è l’anima quieta e ricca di stile negli arrangiamenti a farla da padrone, a momenti più acidi (”Twice” su tutte, dove svetta inconfondibile il timbro di Greg Dulli) e meno diretti, specie quando ti aspetteresti una bella sferragliata elettrica. Manca lo spunto o il riff che resti in testa – ed è questa forse la vera notizia – ma d’altra parte la forza di un disco del genere sta anche nella capacità di non dare riferimenti a primo acchito, obbligando a sviscerare singolarmente i pezzi per cogliere ogni volta quel quid che arricchisce di nuove tinte un quadro di non semplice comprensione. Alla fine, non a caso, ancora non sono riuscito a decifrarlo nella sua interezza e dargli una collocazione precisa: sia per i seguaci convinti che per chi li ha lasciati per strada, un simile risultato la dice lunga sullo stato di salute di una band che sembra avere ancora diverse carte da giocarsi.

70/100

(Daniele Boselli)

3 ottobre 2011

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