ZABRISKY, “Fortune Is Always Hiding” (Shyrec, 2011)

I veneti Zabrisky sono una nostra vecchia conoscenza. Dall’ultima volta che ce ne occupammo è passato diverso tempo (era il 2008, anno di pubblicazione del loro secondo splendido album “Northside Highway”) ma, ahinoi, i veneziani ancor oggi rimangono uno dei diamanti più nascosti del panorama rock italiano contemporaneo. Un diamante prezioso, a nostro modestissimo avviso.

Il nuovo “Fortune Is Always Hiding” , sempre per Shyrec e prodotto come il precedente da Giovanni Ferrario, sembra quasi, sin dal titolo, darci ragione, perchè se c’è una cosa che forse alla band è un po’ mancata in questi anni, bè è stata esattamente un pizzico di fortuna in più. Ammesso e non concesso che la popolarità fosse il reale obbiettivo degli Zabrisky, beninteso. Ad ogni modo, il loro riprendere la grande lezione del rock indipendente inglese a cavallo tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio del decennio successivo, lezione marchiata a fuoco dal suono di etichette-chiave come Creation e Sarah, si basava e si basa sulla medesima intuizione che, presa e sviluppata soprattutto da giovani gruppi americani, nel giro di due anni scarsi ha di fatto ri-orientato l’asse delle tendenze e delle mode musicali in ambito indie (si pensi al boom dei The Pains Of Being Pure At Heart e a tutto quello che ne è seguito, grazie anche alle produzioni di etichette a loro modo programmatiche come Slumberland o Fortuna Pop).

Infilando le orecchie nelle nuove tracce (da “Calling Home” a “Stone Inside”, passando per altre piccole meraviglie come “Getting Better So Far” o “Better Times”, in odore di Moose) non si può non apprezzare l’estro purissimo e l’erudizione calibrata e sottile con cui la band ripercorre la genealogia del proprio pedigree d’alto bordo, che recita i nomi di La’s, Stone Roses, Field Mice, Pastels, Felt o Biff Bang Pow!. Se possibile, la scrittura si dimostra ancor più solida e varia, capace di trascolorare nella psichedelia più acidula (“Good Company”, degna dei primi Oasis) così come di rapprendersi nelle forme plastiche di ritornelli irresistibili (“I Can’t Leave”, “Have You Ever Seen Your Face”), tracciando nel complesso il profilo di un gruppo nato in Italia ai giorni nostri quasi per caso o forse per errore, tanto appare assorbito in un mito musicale fuori dal tempo.
Ad ogni modo, una prova di classe assoluta.

80/100

(Francesco Giordani)

Collegamenti su Kalporz:
Zabrisky Northside Highway

18 marzo 2011

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