ANDREA COLA, “Blu” (A Buzz Supreme/Audioglobe, 2010)

Non è colpa di Andrea Cola se negli ultimi anni le proposte musicali sono aumentate a dismisura, se il povero critico è sommerso da cd, demo, ep, mail, richieste, pacchettini, biglietti da visita musicali e manca solo che i cd più o meno autoprodotti vengano offerti dagli africani al parcheggio dell’ospedale.
Le conseguenze sono poi che l’attenzione ad un prodotto curato come quello di Andrea vada a scemare molto rapidamente, perché si perde in un mare magnum indistinto e insapore di uscite che si accavallano. Andrea Cola peraltro ci mette del suo, perché ai primi ascolti non si eleva con un suo quid di personalità che lo faccia emergere nettamente, o quantomeno ricordare. In “Legno Bianco” si ispira troppo ai sussurri delicati di Dente, in “Mangia le fragole” emergono un po’ di Gang, insomma, sono tanti i rimandi e i riferimenti che si fa fatica a trovare Andrea Cola grattando sotto la patina.
Però in alcuni punti ne vale la pena, perché lì la semplicità di Cola sgomita e si fa apprezzare: cantautorato dei nostri giorni in cui conta di più la sottrazione dell’aggiunta, la normalità rispetto alla straordinarietà (ascoltarsi gli inserti lineari di tromba in “Così lontano”, una delizia, rovinati da un ritornello poco ispirato e troppo urlato e riequilibrati da un finale mantra che ridona dignità al pezzo). In alcuni brani dunque l’urgenza cantautorale educata e compita di Cola si coglie, come negli arpeggi agrodolci di “Se io, tra voi”, tra un Sanremo degli Anni Cinquanta e la scuola romana di Fabi e Gazzé, oppure nella fossatiana “Anna, senti che tamburi” (anzi, qui si sente di più l’influenza di Lou Reed), in cui i rimandi sì ci sono – e li abbiamo detti – ma pur sempre funzionali alla faccia che è quella del cantautore cesenate. Di altre canzoni invece non è dato di coglierne il senso e non ne hanno: può avere un significato nel 2010 scimmiottare Elvis (“Il cuore trema”)? Ancora? Ma in quanti l’hanno fatto??! E’ agghiacciante pensare che ci sia ancora chi lo fa e crede di poter essere “perdonato” (ok gli “omaggi”, ma quando si registra un proprio disco non bisognerebbe fare certi scivoloni…).
Insomma, Andrea Cola ci lascia qualche bel verso (“Se io a voi posso dirlo / son sincero: questa città è un cimitero”), qualche squarcio di delicatezza piacevole ed altre idee non nuovissime e non del tutto personali. Un po’ poco per uscire fuori dal quel marasma di musica di cui si discorreva all’inizio.

(Paolo Bardelli)

Collegamenti su Kalporz:
Dente – L’amore non è bello
Dente – Le cose che contano Ep
Gang – Concerto a Reggio Emilia (13.09.2000)

07 novembre 2010

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