TONY BORLOTTI E I SUOI FLAUERS, A che serve protestare (Teen Sound Records, 2008)

Tempi bui, ci vuole poco ad accorgersene. Di certo non ci sarebbe bisogno dell’opinione di un extraterrestre (portaci via!) o di un gruppo beat. Ma aiuterebbe, come nel caso dei Flauers di Tony Borlotti che, paradossalmente, non avendo mai smesso abiti e suoni dei ’60, si risparmiano tutta la regressione attuale.

Beati loro. Possono far finta di aver a che fare con un clero di ben altra pasta, in jeans e consapevole che “l’obbedienza non è sempre virtù”, mentre oggi chi disobbedisce è un medievale negazionista, figuriamoci.
Oppure cantare le peripezie di tipi beat che sebbene non abbiano più capelli, son d’accordo coi ribelli, mentre uno che non ha i capelli, oggi, si fa trapianti coperti da bandane e finge di non vedere repressioni sanguinose di manifestanti pacifici sorpresi nel sonno.

Oppure, in “E Voi E Voi E Voi”, inno alieno di Gene Guglielmi, passare in rassegna tanta di quell’idiozia comune che ormai trionfa a qualunque livello, tanto da permettere a ragazzini appena usciti dall’estetista e spinti da mogli di ex-piduisti di vincere presuntose rassegne nazionali con la facilità con cui Inzaghi segna a porta vuota.
Insomma, non proprio un disco retrò, semmai una cartina tornasole per il degrado di un paese senza più difese immunitarie (come avrebbe detto qualcuno…).

Conviene tornare a sognare, insomma, tanto che l’anima del disco è “Viaggio di un Provo”, che si prende il tempo di un paio di shabadabada per trasportarci su una bici bianca tra campagne fiorite e ideali sconfitti (“Strappo il passaporto/ il mio mondo è in ogni parte”), in un trionfo di Eko e Farfisa sound per un folk-beat fenomenale con violino e armonica.
C’è poi tanta disillusione nella fischiettante e pensierosa “A Che Serve Protestare?”, vicenda di un beat di città lasciato solo nelle sue battaglie. Alzi la mano chi non si è sentito così scoraggiato negli ultimi tempi.

Ma è un beat romantico quello dei nostri e allora c’è ovviamente tanto spazio per l’amore, con “No No No No” dei Sorrows, vera scossa garage imbrigliata e danzereccia, con la deliziosa “Lei Se Ne Va”, col twist di “Bagordo Shake” per scatenarsi in pista e cercare di fare colpo. E soprattutto un altro apice del disco, “Occhi Tuoi”, saltellante e contagiosa, con tanto di inserti fuzz.
“Il Peso delle Ore” conduce alla fine con un refrain talmente sdolcinato da essere perfetto e una linea di theremin che rievoca buone vibrazioni di altri tempi in cui almeno si poteva immaginare un futuro migliore…
Extraterrestre, dai, portaci via, vogliamo un pianeta su cui ricominciare!

Garante del tutto l’instancabile Teen Sound, baluardo della cultura ’60ies in Italia e non solo.

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