BENGA, Diary Of An Afro Warrior (Tempa, 2008)

Cercare sempre nuove prospettive dalle quali osservare un oggetto può rivelarsi un’attività molto stimolante. Beni Uthman aka Benga ha trasformato questo approccio in un’arte e proprio per questo, in un momento in cui lo stato di salute dell’espressione più viva e attuale del suono urbano inglese si misura con uscite come “Untrue” di Burial e “Underwater Dancehall” di Pinch, è riuscito a convogliare l’attenzione di molti anche sul proprio lavoro. Con “Diary Of An Afro Warrior” si allargano ulteriormente le prospettive, si esplorano confini poco battuti, si dettano soluzioni.

La matrice dubstep viene avvicinata a canoni elettronici più datati alternando costruzioni breakbeat (“Someone 20”, “Light Bulb”), staffilate detroitiane (“Pleasure”) e atmosfere jazzate (“Zero M2”). Mantenendo costantemente viva la cifra stilistica della musica black Uthman delimita spazi sotterranei e claustrofobici (“Night”), costruisce solide vibra (“Crunked Up”, “Emotions”), disegna leggere e rallentate oscillazioni drum ‘n’ bass (“3 Minutes”, “Loose Synths”).

Un lavoro che riafferma il valore del lato strumentale di un suono che è ancora in grado vivere di innovazioni e che, con Benga, si ripropone come punto di incontro tra alcune delle maggiori inclinazioni del suono elettronico presente e passato. Un album che, lambendo i vasti territori che vanno dalla breakbeat alla drum ‘n’ bass, non manca di spingersi verso la techno e la garage.

Dubstep, vivo ed essenziale.

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