AA.VV., The DFA Remixes: Chapter One (DFA / Astralwerks, 2006)

Nove frammenti, nove entità autonome, nove tracks riunite in questo capitolo iniziale dell’antologia DFA dedicata ai remixes. Niente di nuovo per chi aveva già assaggiato la “DFA compilation #2” (2004), per chi ha già masticato l’eccezionale esordio di Lcd Soundsystem (2005) nonché “Less Than Human” (2005) di The Juan Maclean. Queste nove rielaborazioni non sono altro che il concentrato della propensione al dancefloor di James Murphy e Tim Goldsworthy, i produttori più “lanciati” del nostro secolo. Qualunque sia la base di partenza, la traccia originale, possiamo ogni volta avvertire la loro inarrestabile tendenza a fare proprio il materiale di altri. Battute robuste, basso e synth costituiscono il valore aggiunto di quelli che, forse non propriamente, vengono denominati remixes, ma che sono, in realtà, creazioni che nascono dalle versioni originali dei brani per poi brillare di luce propria.

Si parte con “Deceptacon” (Le Tigre), una perla, già nota ai divoratori di cd-mix, circolante da tempo e presente su due uscite del 2003: l’EP “Remix” (Le Tigre) e l’incredibile “Tiga Dj–Kicks” in cui spiccava come ingrediente di un piatto raffinatissimo. Poi “Mars, Arizona”, rivisitazione dei Blues Explosion con buona ispirazione, ipnotica (acida) ed ossessiva. Una rilassata “The Boxer” strappata a The Chemical Brothers ci rammenta la lezione di “Come Together” dei Primal Scream. Passaggio obbligato anche per i Soulwax con evoluzioni tech-house costruite sopra lo scheletro di “Another Excuse”. Da “Dance To The Underground” (Radio 4) esce un traccia che non è altro che la versione pomeridiana del “Playgroup Remix”. Alla numero 6 troviamo una massiccia dub version di “Emerge” (Fisherspooner), strutturata e decisa, ma, soprattutto, inconfondibilmente DFA. Continuando con i pezzi grossi arriva il momento di “Dare” che non aggiunge niente di indispensabile né alla raccolta di remixes né alla versione originale dei Gorillaz; la battuta iniziale è quella di “Loosing My Edge” (Lcd Soundsystem), il resto lo avevano già fatto Albarn e compagni, mentre l’evoluzione finale è forse troppo forzata. “Orange Alert” dei Metro Area viene resa incredibilmente coinvolgente fin da subito: parte, si rilassa, poi riparte. Infine “(Just Like We) Breakdown” dalla cui rielaborazione scaturisce una sorta di ridefinizione dell’originale, quasi un ammonimento, un invito alla sobrietà, mantenendo quell’alone di malinconia che contraddistingue il brano degli Hot Chip.

Cos’è, dunque, tutto questo darsi da fare? Cos’è questa voglia di rivisitare e maneggiare le idee altrui? Forse è presto (o forse è troppo tardi) per dirlo, ma dobbiamo cominciare a temere seriamente di essere lentamente invasi da questa entità conosciuta come DFA, la quale ci imporrà via via la propria versione di ogni cosa. Stiamo parlando del primo capitolo (e soltanto per quello che riguarda la serie “Remixes”) che già sta piombando sulle nostre teste il secondo. Andando avanti vedremo se l’incubo di chi crea musica si avvererà: verranno ricordati gli originali, o verranno ricordati i “DFA Remixes”? Stiamo e state molto attenti; ormai sono dappertutto.

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