AA.VV., The DFA Remixes: Chapter Two (DFA / Astralwerks, 2006)

Eccoci al seguito inevitabile. Rielaborazioni in serie, una dietro l’altra. La suddivisione in capitoli è semplicemente una precauzione; troppo e tutto insieme potrebbe sortire effetti collaterali indesiderati. Come nell’episodio precedente la track list si compone dei nomi più vari, mentre il marchio di fabbrica resta il medesimo. Ci sono da registrare solo alcune oscillazioni di stile rispetto alle produzioni DFA. I remixes raccolti in questo album risultano, con alcune eccezioni, meno immediati, spesso più elaborati e, in qualche modo, più difficilmente apprezzabili.

Grazie a “Far From Home” del nostro Tiga si spalancano i cancelli del dance floor. Buonissima apertura, dieci minuti di cassa e sogni. “Shake Your Coconuts” (Junior Senior) racchiude in sé l’essenza esplosiva e molleggiata del suono DFA. A questi due episodi iniziali possiamo certamente accostare “Destination Overdrive” (Chromeo) e “The Hand That Feeds” (Nine Inch Nails). Il primo dei due si erge sopra le solide basi della versione originale, mentre per il brano dei Nine Inch Nails possiamo parlare di nuova e miglior vita. Con “She Wants To Move”, tratta dallo sfavillante “Fly Or Die” dei N.E.R.D., si cominciano ad intravedere tracce di una sperimentazione in cui Murphy e Goldsworthy sembrano lasciarsi andare alla scoperta/ricerca di nuovi soluzioni. “Colours” (Hot Chip) procura smarrimento e mancando della consueta aggressività finisce per abbandonarsi in atmosfere sospese nell’aria. Piuttosto scontato e scialbo il remix su “Slide In” di Goldfrapp. Chiusura riservata alla monumentale “In A State” degli Unkle, traccia che andava remixata soltanto nella certezza di risultati fuori dalle umane possibilità; in questo caso si poteva fare di più.

Questo secondo capitolo, al quale era stata spianata la strada dal primo, non esalta né delude. Certamente sufficiente si posiziona almeno un paio di lunghezze dietro al precedente. Dobbiamo comunque considerare che stiamo parlando di una raccolta di remixes e per questo difficilmente concepibile come lavoro valutabile nel suo complesso. Inoltre, producendo a questi ritmi, ogni tanto, può capitare di scendere appena sotto l’eccellenza.

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