IRON & WINE, Our Endless Numbered Days (Sub Pop, 2004)

Sam Beam, l’uomo dietro Iron and Wine, potrebbe davvero diventare il vostro autore di canzoni preferito, se gliene darete l’occasione. Il tutto semplicemente perché questo suo secondo lavoro, intitolato “Our Endless Numbered Days”, fatto di ballate quiete e profonde che pescano dal folk e dai classici, è un disco di cui si sentiva la mancanza. Fatto di pochi e semplici ingredienti, suoni essenziali e canzoni senza fronzoli. Solo che nessun altro tra i nuovi autori americani, se non Elliott Smith, aveva mostrato un gusto altrettanto ricercato per le melodie. E quasi nessuno era riuscito a comporre brani disarmanti nella loro semplicità e nella loro grazia come “Naked As We Came”, l’esempio di una canzone d’amore straordinaria nella sua pulizia.

Per questo il nome che molti hanno fatto parlando di Iron and Wine è quello di Elliott Smith, per il tono intimo della loro musica e perché le armonie disegnate in “Our Endless Numbered Days” sono vicine a quelle di “Either/Or” e “X/O”. Non è in ogni caso tutto qui il segreto di questo disco, perché si respira un’aria meno aspra, più rurale, più vicina alle radici della musica americana. E non solo. Nei toni soffusi e nel modo accorato di intonare i suoi brani fragili, il disco rimanda alle pagine più raccolte degli esordi di Bradly Drawn Boy. E la leggerezza con cui Sam Beam compone e suona, ripercorre la lezione di Nick Drake. Detto questo “Our Endless Numbered Days” è un disco del tutto personale, vicino alle radici eppure ricco di eleganza e pieno zeppo di grandi canzoni.

Si inizia con “On Your Wings”, con il suo caracollare tra folk e blues, ripercorso più tardi in modo più tradizionale da ” Teeth in the Grass ” e poi da “Free Until They Cut Me Down”. Soprattutto “Our Endless Numbered Days” è un disco fatto di ballate. “Naked As We Came”, come detto, che fa il paio con la splendida “Love and Some Verses”, e poi la grazia cristallina di “Sunset Soon Forgotten”, “Each Coming Night” e “Sodom, South Georgia” e ancora “Fever Dream”, che porta dalle parti di Mark Eitzel.

Un disco costruito da suoni intimi eppure capace in ogni caso di guardarsi intorno. Ecco l’amarezza di cui è intrisa “Cinder and Smoke” e la commozione che suscita “Radio War”, ritratti di un’America difficile. Il tutto suggellato da una canzone senza tempo intitolata “Passing Afternoon”, che chiude nel migliore dei modi un disco davvero grande.

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