STEVEN, Future Home Of Brubank Elks (City Slang, 2003)

“Future Home Of Brubank Elks” andrebbe catalogato alla voce dischi misconosciuti. Inciso nell’estate del 2001 a Los Angeles e distribuito in Europa dalla Kitty-yo soltanto pochi mesi fa, l’album non è riuscito a far parlare molto di sé, e un po’ lo si capisce. Infatti l’essenza stessa del disco di Steven è in quel suo incedere pigro e svogliato, in quel suo giocare a nascondersi.

Il paradosso è che proprio questo è anche il maggior pregio di “Future Home Of Brubank Elks”, quell’atmosfera rilassata e senza pressioni che a tratti lo rende irresistibile. Così ecco la melodia sghemba dell’iniziale “Kitkope” che come il Beck di inizio carriera mischia ritmiche hip hop e suoni indie rock, ma che ha anche il tono pastoso e svogliato dei Joy Zipper. Il tutto si ripete poco dopo in due episodi eccellenti intitolati “Magazines” e “Par Paint”, cantilene intorpidite tra chitarre acustiche, ritmi ben cadenzati e una voce che si muove sonnolenta, che rinnovano il panorama dei cantautori statunitensi.

Perché Steven è tutto sommato un cantautore, seppure al passo con i tempi. Niente arrangiamenti straordinari, solo qualche tocco di elettronica e qualche tastiera vecchio stile accanto a melodie intorpidite che fanno dell’indolenza la loro forza e mostrano, come in “Cookiekim ” e “80120’s”, grande fascino. Né mancano episodi in cui la leggerezza dei suoni e l’approccio sognante si sposano fino a ricordare gli Air degli esordi, come i due strumentali “CompactandStylish” e “Basechannel”.

Altrove affiorano tracce più marcate di elettronica e un’influenza decisa dell’hip hop più sofisticato, vicino ai suoni di DJ Shadow per intendersi. Ecco allora le ritmiche incalzanti di “Hobbylobby” o le atmosfere notturne di “High Tech Fade”. Il tutto imbastito dal solo Steven, che come è ormai diventata consuetudine per alcuni dei migliori autori di canzoni, fa tutto da solo o quasi. Scrive, registra, suona e cura la grafica di “Future Home Of Brubank Elks”, un disco che trasmette quella sensazione di lavoro casalingo che lo rende ancora più piacevole. Da assaporare con lentezza sperando che il mondo si decida prima o poi a scoprirlo.

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