THE WHITE STRIPES, Elephant (XL Recordings, 2003)

La critica più frequente rivolta ai White Stripes è che suonano come tanti altri gruppi che ripercorrono le radici della musica americana con impeto e irruenza. E se è vero che i due hanno nell’energia con cui interpretano i loro pezzi una qualità imprescindibile, la differenza tra loro e gli altri non la fanno solo la grafica accattivante e le chiacchiere su quali siano in realtà i rapporti di parentela tra Jack e Meg White. La differenza tra loro e gli altri la fanno semplicemente le canzoni.
Anche nel nuovo “Elephant” il punto di forza sta lì, nella scrittura dei brani. Lo si nota soprattutto quando emerge il lato più sensibile dei White Stripes, in “You’ve Got Her in Your Pocket”, una deliziosa ballata costruita sulle chitarre acustiche, e nelle splendide tracce di melodia soul che affiorano da “I Want to Be the Boy to Warm Your Mother’s”. O ancora dall’incidere sinuoso, quasi jazz, di “In the Cold, Cold Night”, a cui occorrono giusto una chitarra, un organo e la voce di Meg White per suonare terribilmente fascinosa.

Per il resto “Elephant” è un disco che non lascia respiro, tanto è suonato con energia, zeppo di brani affilati, scritti con un’incisività formidabile. E’ proprio come “Seven Nation Army”, ritmica secca senza nessun orpello e tanta energia, e la sferzata vigorosa di “Black Math”, messe in apertura del nuovo lavoro giusto per far capire che aria tira. E’ come il sinuoso incedere blues di “Ball and Biscuit”, il brano più dilatato del disco, o come “Hypnotize”, melodia irresistibile e irruenza punk come una nuova “Fell In Love With a Girl”.

Come la consueta alternanza tra quiete e accelerazioni chitarristiche di “There’s No Home for You Here” e “The Air Near My Fingers”. Di certo “Elephant” è un disco meno divertito di “White Blood White Cells”, meno scherzoso, ma più solido, più sicuro e maturo. E forse per dimostrate che non hanno dimenticato come scherzare con il pubblico ecco “It’s True That We Love One Another”, piccolo frammento country che chiude con leggerezza il disco che conferma i White Stripes tra i migliori gruppi degli ultimi anni.

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