TORI AMOS, Scarlet’s Walk (Epic/Sony, 2002)

Una donna fissa la strada, quella che si è lasciata alle spalle, quella che ancora dovrà percorrere. Questo è “Scarlet’s walk”, il viaggio di Tori Amos attraverso gli Stati Uniti alla ricerca delle sue radici; un’America che non rimane sullo sfondo, ma che si fa parte integrante della narrazione, in questo disco dove la strabordante creatività di Tori Amos può trovare ancora una volta sfogo, e pace.

Più che una raccolta di canzoni, un vero e proprio romanzo, sospeso tra il mitico e stereotipato “on the road” e l’introspezione che Scarlet (chiaramente l’alter ego della cantante) si trova costretta a compiere lungo il viaggio, ma anche una descrizione lucida e poco indulgente di quello che è stata la storia degli Stati Uniti.

Troppa carne al fuoco? Probabilmente sì, ed è solo per lo scarso senso della misura della sua autrice che questo disco non è un capolavoro. Le premesse c’erano tutte, e senz’altro Tori Amos avrebbe il talento e la classe necessaria per gestire un progetto tanto ambizioso, ma il risultato finale affascina e delude allo stesso tempo.

Di fronte a una tale vastità di personaggi, di storie e di visioni, la cantautrice non trova niente di meglio che affidarsi nuovamente alla sua magnifica voce e al suo pianoforte: una formula tanto vincente quanto ormai abbondantemente sperimentata, che non può bastare per dare a questo album (diciotto canzoni, per oltre settantacinque minuti di musica) la fluidità necessaria a rendere l’ascolto piacevole.

Ed è un vero peccato, perché “Scarlet’s walk” è un disco molto bello, sicuramente ambizioso e meritevole di essere ascoltato: ma chi ha la forza di arrivare al termine di questo viaggio, se il vestito sonoro che la storia indossa è così uniforme, omogeneo, monocorde?

Sarebbe splendido che qualcuno riprendesse il cammino di Scarlet e ne facesse un romanzo, un film, una piéce teatrale; purtroppo, però, al momento l’unico modo in cui possiamo godere di questa bellissima storia è ascoltare i settantacinque minuti di questo disco, e sperare che, prima o poi, le canzoni riescano, oltre che ad affascinarci, anche a coinvolgerci un po’.

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